In busta paga fino a 1.200 euro
Oltre i 28 mila euro lo sconto fiscale scende. Il nodo delle 533 deduzioni
Politicamente parlando, il taglio del cuneo fiscale può considerarsi risolto. Con il vertice di ieri mattina a Palazzo Chigi tra il governo e i sindacati si è infatti raggiunto un accordo, che soddisfa sia Cgil, Cisl e Uil sia il partiti della maggioranza. Tutti però sottolineano che si tratta solo di un primo passo della più complessiva riforma fiscale (aliquote e scaglioni Irpef, detrazioni e deduzioni, Iva). Se il primo passo era relativamente semplice, perché la misura era già finanziata dalla legge di Bilancio e perché, sostanzialmente, si trattava di ampliare e potenziare una cosa che c’è già (il bonus Renzi), i passi successivi saranno molto più difficili. Per diversi motivi: la riforma è tutta da inventare, i partiti della coalizione hanno obiettivi diversi e nella partita, accanto ai sindacati, entreranno anche i lavoratori autonomi e le imprese; i finanziamenti necessari sono molto più consistenti di quelli messi in campo per il taglio del cuneo e vanno trovati. Operazione che appare impossibile senza attingere a due capitoli estremamente delicati: la rimodulazione dell’iva, non sterilizzando completamente gli aumenti previsti dal 2021 e recuperando così, con la rimodulazione dell’imposta, parte dei 20 miliardi altrimenti necessari; il riordino della giungla delle «tax expenditure» (533 voci tra deduzioni, detrazioni e altri sconti fiscali, per un costo annuo di 62 miliardi di euro).
Intanto, però, il governo può annunciare, a una settimana dal voto in Emilia-romagna e Calabria, l’attuazione della misura più importante della manovra (dopo la cancellazione degli aumenti Iva, ovviamente). Dal prossimo luglio verranno alleggerite le tasse sui lavoratori dipendenti con un reddito lordo annuo tra 8.200 euro e 40mila euro.
Quelli che già prendono il bonus Renzi (redditi fino a 26.660 euro) si vedranno aumentare il netto in busta paga di altri 20 euro al mese, arrivando a 100 euro. Sempre 100 euro al mese riceveranno (per la prima volta) coloro che hanno un reddito tra 26.600 e 28mila euro mentre oltre questa soglia ci sarà un decalage dello sconto fiscale (che da qui in poi dovrebbe prendere la forma di una detrazione) fino ad azzerarsi per i redditi di 40mila euro. Per esempio, lo sconto sarà di circa 85 euro al mese per chi guadagna 33mila euro lordi l’anno, di 48 euro per chi ha 37mila euro e di 16 per chi ne ha 39mila. La platea interessata sarà, secondo i calcoli del Tesoro, di 16 milioni di lavoratori: 11,7 milioni che già prendono il bonus Renzi più 4,3 milioni di nuovi beneficiari del bonus Conte. Su base annua, dal 2021 la misura distribuirà 1.200 euro l’anno (100 al mese) ai dipendenti con i redditi fino a 28mila euro e poi a scalare per chi guadagna di più, fino a un minimo di 192 euro (16 al mese, appunto) per chi ha 39mila euro.
Riassumendo: 11,7 milioni di lavoratori dipendenti che già prendono gli 80 euro prenderanno 20 euro in più al mese. Quelli che avranno il beneficio massimo (100 euro al mese per la prima volta) sono invece 750mila dipendenti con redditi fra 26.600 e 28mila euro. Subito dopo vengono 3milioni 550mila lavoratori con redditi tra 28mila e 39mila euro, che prenderanno da 97 euro al mese (29mila euro di reddito) a scendere, fino a zero con 40mila euro di reddito.
Dalla manovra, anche questa volta, restano fuori gli «incapienti», ovvero coloro che hanno redditi inferiori a 8.200 euro. Solo tra i lavoratori dipendenti sono 3,7 milioni. La leader della Cisl, Annamaria Furlan, ha posto il tema. Conte ha risposto che se ne occuperà con la riforma dell’irpef. Ma lì dovrebbe occuparsi anche dei pensionati (insistono i sindacati), delle piccole imprese (dicono i 5 Stelle) e ancora del ceto medio (dicono tutti). Ci riuscirà?
100 euro al mese
Il beneficio massimo (100 euro-mese per la prima volta) va a 750mila dipendenti