Uccise suocero dopo gli abusi sulla figlia Pena ridotta
La difesa dell’assassino azzardava al giudice la richiesta di concedergli l’attenuante d’aver agito «per motivi di particolare valore morale e sociale» quando il 25 febbraio 2019 a Rozzano (Milano) aveva ucciso con 4 colpi di pistola il 63enne suocero, che era indagato per abusi sessuali sulla nipotina (cioè sulla figlia di 8 anni dell’imputato): richiesta bocciata ieri dal giudice milanese Aurelio Barazzetta, che però, nel condannare in rito abbreviato a 20 anni il 35enne sparatore, dello sconvolgimento emotivo del padre della bimba deve aver comunque tenuto conto (in termini che soltanto le motivazioni del verdetto chiariranno tra 60 giorni), visto che gli ha concesso attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti della premeditazione e della recidiva per tre precedenti condanne per fatti del 2004-2009 (spaccio di droga, sfruttamento di manodopera, minacce). E queste attenuanti hanno fatto una decisiva differenza per la pena. Senza esse, infatti, l’omicidio aggravato sarebbe stato punito (come chiedeva la pm Monia Di Marco) con l’ergastolo e l’isolamento diurno, e lo sconto legato alla scelta dell’imputato del rito abbreviato avrebbe tolto solo l’isolamento diurno e mantenuto l’ergastolo. Invece con le aggravanti ritenute equivalenti alle attenuanti, il giudice è partito dalla reclusione massima per l’omicidio semplice che è 24 anni, ha aggiunto 6 anni in continuazione per il porto della pistola (quindi 30 anni), e ha detratto un terzo di riduzione di legge per il rito abbreviato. Esito che non sarebbe stato più possibile due mesi dopo il delitto, quando una nuova legge (varata dalla maggioranza 5 Stellelega) ha escluso l’abbreviato nei reati da ergastolo. Diciotto anni ha avuto il complice, rovinatosi per aver accompagnato in scooter l’omicida. La madre della bimba, figura da tragedia greca nel suo essere figlia dell’assassinato ed ex compagna dell’assassino (di cui qui non si farà il nome per tutelare la bimba), si è costituita parte civile contro di lui chiedendo, e ottenendo dal giudice, un simbolico risarcimento di 1 euro: in segno — ha spiegato la sua legale Lara Benetti — di fiducia (senza lucro economico) nella giustizia che stava verificando gli abusi, anziché nella vendetta privata del compagno che ha lasciato la bimba senza nonno (morto) e padre (in carcere per 20 anni).