La Cassazione non fissa l’udienza in tempo. I familiari della vittima disperati
La gigantografia del volto di Alessandro Polizzi viene pazientemente srotolata: i genitori del ragazzo assassinato a Perugia nel 2013, Daniela Ricci e Giovanni Polizzi, presidiano la sede del ministero della Giustizia, per avere una risposta: «Possibile — dicono assieme — che un uomo condannato all’ergastolo fino al terzo grado sia libero dopo sei anni?». L’uomo di cui parlano è Riccardo Menenti che uccise Polizzi per vendicare il figlio Simone, umiliato da tre pestaggi nati attorno alla relazione con Julia Tosti, che da fidanzata di Simone era divenuta ragazza di Alessandro.
È accaduto che Menenti, 60 anni, condannato all’ergastolo ma in attesa di un giudizio bis che sciolga la questione delle aggravanti (la crudeltà), è stato scarcerato per decorrenza dei termini il 10 gennaio scorso, come previsto dal codice penale. Ora: se la Cassazione avesse fissato, secondo la procedura, l’udienza per decidere sul processo bis, Menenti sarebbe rimasto nel carcere di Terni dov’era detenuto. «Purtroppo qualcosa è andato storto e i fascicoli processuali non sono mai stati trasmessi dalla Corte d’appello di Firenze ai giudici della Cassazione che in questo modo non hanno potuto fissare alcuna data, tantomeno pronunciarsi» spiega l’avvocato Nadia Trappolin che assiste i Polizzi dal principio. Non è tutto. Perché nel frattempo sono scaduti anche i termini della custodia cautelare di Simone Menenti condannato a sedici anni e mezzo per concorso in omicidio nella stessa vicenda. Secondo la ricostruzione investigativa avrebbe concorso nell’omicidio, svolto un ruolo di mandante del delitto.
Fu il giallo che più scosse la Perugia del dopo Meredith Kercher. La notte fra il 25 e il 26 marzo 2013 un uomo con indosso il passamontagna entrò sfondando la porta nell’appartamento in cui il 24enne Polizzi conviveva con la Tosti. L’ex pugile Menenti spara un colpo, Polizzi riesce ad alzarsi e nel tentativo di difendere la ragazza si para davanti all’assalitore che, a quel punto, si accanisce anche con uno svitabulloni. Il rumore sveglia i vicini. Menenti scappa ma le indagini della squadra mobile nei suoi confronti e nei confronti del figlio Simone si concludono rapidamente con l’arresto.
Quindi i processi: «Rapidi tranne quest’ultimo capitolo» spiega Trappolin da Firenze dove è andata in missione per cercare di capire se questi famosi fascicoli siano stati o meno trasmessi a Roma. «Mi hanno risposto di no» spiega perplessa. Ma cosa potrebbe accadere ora? Secondo la famiglia di Alessandro, Riccardo Menenti, non avendo nulla da perdere, potrebbe tentare la fuga mentre per Simone c’è ancora la speranza di un’assoluzione: se la Cassazione ravvisasse un vizio di motivazione nell’appello bis il processo dovrebbe essere nuovamente celebrato. «Questa storia — dice la mamma di Polizzi— è una sconfitta per la giustizia italiana. Sta passando l’idea che vendicarsi con le proprie
La protesta
I genitori di Alessandro, Giovanni Polizzi e Daniela Ricci (a sinistra) e gli amici davanti alla Cassazione mani come hanno fatto i Menenti è più rapido e neppure così controproducente considerato che vieni scarcerato dopo soli sei anni. Il messaggio che passa con i più giovani è avvilente».
Sul pericolo di fuga interviene l’avvocato Francesco Mattiangeli, difensore di Menenti: «Dalla sua scarcerazione l’ho sentito più volte e posso confermare che si trova in Italia, anche se ovviamente non posso rivelare la località». Dal ministero della Giustizia intanto arriva un impegno. Il ministro Alfonso Bonafede invierà degli ispettori per ricostruire cosa sia avvenuto del fascicolo.
Era all’ergastolo
Era stato condannato all’ergastolo, aspettava il giudizio bis: il ministro invia gli ispettori