In vetta agli Esteri con González Laya
Le asperità della diplomazia non sembrano destinate a impressionare più di tanto la nuova ministra degli Esteri spagnola Arancha González Laya, amante dell’alpinismo, salita recentemente sul Monte Perdido, la cima dei Pirenei che domina la valle di Ordesa tanto cara allo scrittore aragonese Manuel Vilas. È sempre meglio non aver paura quando si arriva così in alto, soprattutto in un incarico che è stato un po’ dimenticato nella lunga crisi conclusasi con la nascita del governo di coalizione guidato da Pedro Sánchez. «La principale sfida esterna – scrive El País – consisterà nel recuperare l’impulso perduto durante mesi di paralisi politica».
Nata a San Sebastián, una laurea all’università di Navarra e una specializzazione in diritto europeo a Madrid, Arancha González Laya parla sei lingue (tra cui il basco, anche se a casa sua, in realtà, si usava lo spagnolo) ed è sicuramente abituata alle sfide. Una delle sue iniziative, nel quadro delle attività dell’organizzazione mondiale del Commercio (Wto) è stata la campagna per sviluppare «prospettive di genere» nella promozione di una crescita economica inclusiva: ecco la dichiarazione di Buenos Aires del 2017 e la raccolta Women Shaping Global Economic Governance, da lei curata, che riunisce tra gli altri contributi di Angela Merkel e Christine Lagarde.
Alla Wto la nuova ministra degli Esteri spagnola ha lavorato come capo di gabinetto del direttore generale Pascal Lamy. Dell’ex commissario europeo francese era stata una delle principali collaboratrici anche a Bruxelles. Più conosciuta tra i boiardi del forum di Davos, quindi, che tra gli elettori spagnoli? È una domanda sbagliata. In primo luogo conta la competenza (e a questo proposito Sánchez ha dato una lezione a molti altri Paesi europei). Poi è sufficiente leggere quello che dice per evitare luoghi comuni. «L’uno per cento della popolazione statunitense — sottolinea in una intervista a El Mundo — ha accumulato negli ultimi trenta anni un potere economico sproporzionato a spese del restante 99 per cento che sta vedendo come cresce la diseguaglianza», Non guardiamo solo alle cifre, aggiunge, ma al loro «impatto sui cittadini». L’élite non parla mai in questo modo.@paolo_lepri