Venezia rende omaggio agli «imperatori» dell’artigianato
A settembre la seconda edizione di Homo Faber: protagonisti, i mestieri d’arte del Giappone
Oggi poter dar seguito a un progetto è un lusso che può permettersi solo chi centra il bersaglio. E Homo Faber, evento biennale veneziano dedicato al meglio delle imprese artigiane, anzi, dei «mestieri d’arte» europei, il bersaglio l’aveva centrato in pieno. Due anni fa la manifestazione ha messo «in vetrina» alla Fondazione Cini, sull’isola di San Giorgio Maggiore, il lavoro di 410 artigiani e designer, 900 opere uniche e 91 dimostrazioni dal vivo, uno spettacolo della qualità, della bellezza e della creatività a cui hanno dedicato il loro tempo 62.500 visitatori.
Con questi numeri Homo
Faber, organizzato dalla Michelangelo Foundation di Johann Rupert e Franco Cologni, si è guadagnato sul campo la replica, in programma a Venezia tra il 10 settembre e l’11 ottobre. Ci sarà un ospite d’eccezione: il Giappone, che sarà presente con gli oggetti realizzati dai «Tesori Nazionali Viventi», nome con cui in patria vengono chiamati i migliori maestri artigiani (protetti addirittura da una legge), e con le fotografie di Rinko Kawauchi che li ritraggono al lavoro nei propri atelier. Ma il Giappone sarà presente anche con alcuni artigiani in carne ed ossa che, a fianco dei migliori maestri europei, mostreranno al pubblico come si realizzano oggetti con le antiche tecniche artigianali del Sol Levante.
La Fondazione Cini ospiterà 17 grandi spazi espositivi dedicati a vari aspetti dell’artigianato d’eccellenza e ideati da team di designer, architetti e curatori come Michele De Lucchi, Judith Clark, Stefano Boeri, Robert Wilson e Naoto Fukasawa, mentre Venezia stessa sarà coinvolta con «Homo Faber in città», itinerario che toccherà botteghe storiche e piccole mostre organizzate per l’occasione, come quella dei violini di Vivaldi alla Chiesa della Pietà.
«Il Giappone, che tutela i propri maestri per legge, è un esempio da seguire. Perché anche in Europa abbiamo artigiani da far conoscere, promuovere e preservare, facendo capire ai giovani che quella è una strada percorribile — racconta Alberto Cavalli, curatore dell’evento — . In realtà il vero nemico dell’artigianato d’arte non è la tecnologia, che è solo uno strumento neutro, ma l’ignoranza, la sciatteria, l’omologazione, il fatto che certe realtà restino nascoste o rischino di sparire tra l’indifferenza generale. Serve una rivoluzione culturale, e Homo Faber va in quella direzione».