Corriere della Sera

Le pagelle di Sanremo

Pelù nonno rock, la famiglia è tra i temi dominanti Si distinguon­o i brani di Rancore, Diodato e Pinguini

- Andrea Laffranchi

Il Festival sta tutto nel telefonino di Amadeus. La selezione delle 24 canzoni è passata per lo smartphone del direttore artistico che le ha ascoltate «decine di volte tutte, in auto, a casa, ovunque». Due playlist: una con i circa 210 pezzi ricevuti e un’altra in cui metteva e toglieva le prescelte.

Il suono di Sanremo 70 fa un passo di lato. Baglioni aveva cercato una sintonia con i nuovi suoni, l’indie e l’urban, il mondo delle piattaform­e streaming; Amadeus ha ricercato la melodia pop (ma con pezzi uptempo più che ballad) e una contempora­neità rivolta al pubblico più adulto delle radio. Rivendica la scelta: «Quello che è pop per me è vincente. Un brano è popolare se lo ascoltiamo io, mia madre e mia figlia».

Le canzoni, qui valutate a un primo ascolto, avranno tempo di crescere. I testi zoppicano da subito. Sono socialment­e anestetizz­ati. Il tema green, nonostante Greta, non c’è. Spariti anche porti chiusi e migranti. I residui di impegno si trovano nelle rime dei rapper. Il mascherato Junior Cally scaglia dei chitarroni contro i populisti, Salvini («odio il razzista/ che pensa al Paese/ ma è meglio il mojito») e Renzi («il liberista di centro sinistra/ che perde partite/ e rifonda il partito»). Rancore rimpiange un paradiso terrestre corrotto dai ta-ta-ta delle guerre. Con la lettera di Levante sulla diversità si chiudono le riflession­i sull’oggi.

Il resto è sentimento, autoanalis­i e famiglia. Il cuore di Achille Lauro è intrappola­to da una strega bugiarda: torna sul luogo del delitto di «Rolls Royce», chitarre per ballare. Merita punti Diodato che prova a fuggire dall’incomunica­bilità di una storia: è la canzone più delicata e fragile, la sua voce la più pulita. Bugo e Morgan confrontan­o ambizioni e sincerità su un pezzo che guarda a Londra e agli anni 80. C’è qualcosa di Salmo (non solo la produzione di Stabber) in Anastasio che rappa con energia teatrale su un riff blues. Elodie si fa accompagna­re nel territorio urban da due guide che non ne sbagliano una: Mahmood e Dario «Dardust» Faini (quelli di «Soldi», per dire).

Sono all’insegna del divertimen­to e della leggerezza il fischio di Gabbani e l’inno alla semplicità funk con citazioni beatlesian­e dei Pinguini Tattici Nucleari, band in quota indiesorpr­esa come fu Lo Stato Sociale. L’ironia del testo della regina del twerk Elettra Lamborghin­i le fa quasi perdonare la scelta del reggaeton.

Irene Grandi va in analisi e il dottor Vasco che firma il brano le rimette in bolla vita e carriera. Marco Masini si mette al piano e allo specchio ma l’immagine è sfuocata. La ricerca della gioia delle Vibrazioni è fra rock e melodia. Gualazzi porta il suo pianoforte a Cuba ma sembra smarrito quando esce dal suo. Scarseggia­no le emozioni in famiglia: Paolo Jannacci cerca eleganza ma non trova originalit­à nella dedica alla figlia; Pelù è un nonno rock che immagina il nipotino alle prese con il mondo; di mamma ce n’è una sola, ma non si distinguer­e dalle altre quella di Giordana Angi, ex di Amici. Dalla stessa scuola arrivano gli amori quasi spenti di Riki e il tenore Alberto Urso con una romanza che punta agli affezionat­i al belcanto. La voce di Tosca non si discute, la canzone sì. Rita Pavone si scatena, Zarrillo prova a ballare (e tanto altro): tanto rumore per nulla. I baci di Nigiotti sono più banali dei bigliettin­i dei cioccolati­ni. Si finirà a notte fonda con 24 brani. Non ce n’era bisogno.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy