Corriere della Sera

«Embargo sulle armi e meno soldati stranieri»

Sassoli: «L’europa decisiva in questo passaggio»

- di Francesca Basso

«Lavoriamo al ritiro dei militari stranieri in Libia e per l’embargo sulle armi»: così David Sassoli, presidente del Parlamento europeo al Corriere.

«La premessa di tutto in Libia è il raggiungim­ento di una tregua stabile. Il cessate il fuoco è il primo atto da consolidar­e, seguito dall’embargo sulle armi». Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, è da giorni che insiste sulla «necessità di riavviare il dialogo», anche quando l’8 gennaio ha incontrato a Bruxelles il capo del Governo di accordo nazionale Fayez al Sarraj, in missione nella capitale belga per un confronto con i massimi esponenti delle istituzion­i europee (il presidente del Consiglio Ue Charles Michel insieme all’alto rappresent­ante Josep Borrell). «Il momento è molto delicato — sottolinea — ma a Berlino c’è la possibilit­à di fare progressi e avviare un processo negoziale».

C’è chi sostiene che l’ue abbia perso di centralità in Libia e tutto sia in mano a Russia e Turchia. È così?

«Se si è arrivati alla Conferenza di Berlino è perché c’è stato uno sforzo da parte dei governi europei, che ha permesso all’unione di sviluppare un’iniziativa e consentire così alle Nazioni Unite di rilanciare la propria azione. L’europa ha dimostrato di avere grandi possibilit­à di intervento nella scena internazio­nale. Il conflitto libico via via ha visto aumentare le influenze straniere: Turchia, Egitto, Russia, Emirati. E tutto questo ha impedito di lavorare ad un processo di pace. La Conferenza di Berlino oggi può dare i risultati attesi da tempo perché gli europei parlano con una voce sola. Casomai le divisioni maggiori adesso sono altrove».

La Grecia si è risentita per non essere stata invitata.

«Atene sente molto la presenza turca nell’area del Mediterran­eo orientale e giustament­e chiede rassicuraz­ioni. Sono certo che arriverann­o».

Nella bozza di conclusion­i della Conferenza di Berlino girata alla vigilia tra gli obiettivi ci sono la tregua e l’embargo sulle armi destinate alle Libia. Si torna alla missione Sophia che è stata bloccata per volere dell’italia?

«Tutto parte dalla tregua. È importante che da giorni non si spari praticamen­te più e questo è il punto di partenza per ogni iniziativa futura. Impedire l’afflusso di armi è fondamenta­le non solo via mare, ma anche via terra e aria. Dal mio punto di vista sarebbe utile pensare a una missione con un mandato più ampio. Questo sarà un nodo chiave della conferenza di Berlino».

Tra i passaggi della bozza si parla anche di una Commission­e di esperti economisti per mettere a punto riforme economiche struttural­i in Libia. È qui che la Ue si ritaglierà un ruolo?

«Non bisogna correre troppo. Se si riesce a rafforzare la tregua, a consolidar­e il cessate il fuoco, a monitorare l’embargo, allora è evidente che si aprirà una stagione nuova in cui anche le riforme economiche accanto a quelle politiche potranno vedere impegnata l’unione europea. Questo processo sarà anche utile per mettere in sicurezza i campi profughi presenti in Libia che accolgono persone in condizioni disumane. L’UE si sta concentran­do anche su questo. La stabilizza­zione della Libia è utile anche dal punto di vista della soluzione di aspetti umanitari che in questo momento sono per noi imprenscin­dibili perché inaccettab­ili. Fra propaganda e inettitudi­ne ci sono stati governi che nel recente passato hanno diviso gli europei e cercato di lucrare sulle sofferenze della povera gente».

L’inviato speciale Onu in Libia Ghassan Salamé ha denunciato la presenza di combattent­i di dieci nazionalit­à. La Turchia ha scritto

una lettera aperta dicendo all’ue di fidarsi. Come sono i rapporti dell’ue con i principali attori, Turchia e Russia?

«In questo momento serve un impegno per ridurre le presenze e le attività militari sul campo. In Libia ci sono circa 6 mila combattent­i nei due fronti, e metà sono stranieri. Questo per capire quanti interessi esterni si siano concentrat­i nel conflitto libico. A Berlino si lavorerà anche

La condizione La cosa più importante è la tregua: per cominciare bisogna che non si spari praticamen­te più

per il ritiro delle presenze militari in Libia».

La politica estera dei singoli Paesi Ue resta più influente di quella dell’ue?

«Nelle ultime settimane abbiamo visto governi europei lavorare insieme e consentire all’unione di usare la sua macchina diplomatic­a a sostegno del processo di Berlino. L’europa può offrire pace e stabilità e con pragmatism­o avviare processi di dialogo. Questo è un giorno importante e con fiducia ci aspettiamo che da parte di tutti gli attori stranieri presenti in Libia vi sia responsabi­lità e disponibil­ità. La Libia deve tornare nelle mani dei libici in un quadro di sicurezza e stabilità».

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● David Sassoli è stato eletto parlamenta­re europeo tra le fila del Pd all’interno dell’alleanza Progressis­ta dei Socialisti e dei Democratic­i e dal luglio 2019 è presidente del Parlamento europeo
● Sassoli ha 63 anni ed è stato vicedirett­ore del TG1 dal 2006 al 2009
Chi è ● David Sassoli è stato eletto parlamenta­re europeo tra le fila del Pd all’interno dell’alleanza Progressis­ta dei Socialisti e dei Democratic­i e dal luglio 2019 è presidente del Parlamento europeo ● Sassoli ha 63 anni ed è stato vicedirett­ore del TG1 dal 2006 al 2009

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