Timori sul virus cinese: «1.700 infettati»
Il governo: 50 casi. Secondo gli scienziati britannici sarebbero 1.700. Torna l’incubo della Sars
Allarme per un nuovo virus in Cina. Il governo di Pechino denuncia già 50 casi. Secondo gli scienziati britannici sarebbero 1.700. Torna l’incubo della Sars. Da venerdì tre grandi aeroporti negli Stati Uniti, San Francisco, Los Angeles e New York JFK, hanno annunciato controlli sanitari su tutti i passeggeri in arrivo da Wuhan, città dello Hubei cinese.
Quanti sono i cinesi infettati dal coronavirus scoperto in un mercato di Wuhan? Quanto è pericolosa la malattia che nei casi più gravi si insinua nei polmoni? E può diffondersi oltre che in Cina in Asia e in Occidente? Le notizie sono confuse, si va dall’allarme al sarcasmo. Ma la faccenda si sta allargando.
Da venerdì tre grandi aeroporti negli Stati Uniti hanno annunciato controlli sanitari su tutti i passeggeri in arrivo da Wuhan, città dello Hubei cinese con oltre 11 milioni di abitanti. La notizia dello screening negli scali di San Francisco, Los Angeles e New York JFK ha rilanciato la paura di epidemia, come ai tempi della Sars che tra il 2002 e il 2003 uccise 774 degli 8.098 contagiati in Cina e a Hong Kong, dopo essere stata sottovalutata alle autorità sanitarie e politiche di Pechino. Allerta anche in Giappone e Thailandia, dove tre pazienti in arrivo da
Wuhan avevano il virus in circolazione nell’organismo.
Questo nuovo virus senza nome, isolato in Cina, finora ha causato due morti accertate e colpito 50 persone. Poche per parlare di epidemia. Ma due morti su cinquanta pazienti sono percentualmente tanti. E soprattutto, anche se il focolaio è stato individuato nel mercato del pesce e animali vari di Wuhan, chiuso l’1 gennaio, ci sono dubbi sul numero limitato dei contagi. «Sono almeno 1.723 gli infettati», dicono i ricercatori britannici del Centre for Global Infectious Disease Analysis dell’imperial College di Londra.
Come hanno fatto un calcolo così preciso e preoccupante? Si sono basati sull’individuazione dei tre casi in Thailandia e Giappone: «Perché Wuhan abbia esportato tre malati, è chiaro che debbono esserci molti più infetti dei 50 ufficiali», ha detto il professor Neil Ferguson.
I ricercatori di Londra hanno usato un modello matematico, incrociando i dati dell’aggressività del coronavirus (si chiama così perché al microscopio si presenta con forma a corona), del numero di abitanti di Wuhan e di quelli che viaggiano fuori città. L’aeroporto di Wuhan serve un bacino di popolazione di 19 milioni di unità, ma solo 3.400 passeggeri al giorno prendono voli diretti all’estero. Secondo il calcolo, sarebbe statisticamente improbabilissimo se non impossibile, che se i malati fossero davvero solo 50, altri 3 fossero sbarcati in Thailandia e Giappone in così pochi giorni.
«Troppo presto per essere allarmisti, ma ammetto di essere più preoccupato di una settimana fa», ha detto alla
In Giappone
Allerta anche in Giappone e in Thailandia dove sono arrivati tre pazienti
Bbc il professor Ferguson, che con il suo istituto è anche consulente dell’organizzazione mondiale della sanità.
Per fortuna questo coronavirus, pur essendo della stessa famiglia della Sars, sembra meno letale. Alcuni dei pazienti se la cavano con sintomi parainfluenzali e forti mal di testa. Al momento non sembra che si trasmetta da uomo a uomo. Ma anche su questo punto il professor Ferguson avverte: «Mi sembra improbabile, in base a quello che sappiamo della famiglia dei coronavirus, che la principale causa di tanti contagi sia l’esposizione a contatti con animali in un mercato».
Le preoccupazioni sono amplificate dal momento: in Cina sta cominciando la festa del Capodanno lunare (25 gennaio) due o tre settimane di migrazione biblica, con circa tre miliardi di viaggi di cinesi, milioni diretti verso l’estero. Ecco perché negli Stati Uniti sono cominciati i controlli, per ora solo sui voli in arrivo a Wuhan.
Le autorità di Pechino insistono che la situazione è sotto controllo. Ma su Weibo, il principale social network mandarino, corre lo scetticismo e l’umorismo feroce: il post «Questo virus è strano, viaggia all’estero ma è confinato nel mercato chiuso, o così ci vogliono far credere» è stato rilanciato centinaia di migliaia di volte sul web.