Corriere della Sera

TUTTI CONTRO TUTTI

Il nuovo sistema scatena la competizio­ne (tra alleati che già non si amavano prima)

- di Tommaso Labate

C’è il Carlo Calenda versione Mike Tyson da tastiera, morsi al posto dei pugni. Selfie con sguardo da cattivo e messaggio spedito via Twitter a Nicola Zingaretti. «In partenza per il terzo week-end di campagna elettorale a sostegno di Bonaccini. Ps: Zingaretti, la prossima volta che dici “stiamo facendo tutto da soli”, ti do un morso sul capoccione», scrive il leader di Azione. Diverse centinaia di chilometri più a Sud, a Crotone, Giorgia Meloni aveva spedito il suo avviso al navigante Matteo Salvini, reo di aver autoassegn­ato alla Lega l’assessorat­o all’agricoltur­a in caso di vittoria in Calabria. «Io non vengo qui a dire quali assessori voglio. Su ruoli, nomine e poltrone abbiamo tutto il tempo».

Come per magia, la sentenza della Consulta che ha ricacciato indietro il maggiorita­rio riaccende le sfide fratricide all’interno di quel che resta delle coalizioni. E visto che col proporzion­ale competitio­n is competitio­n, e che la competitio­n è proficua se ti scontri con quello ha le idee e i programmi più simili ai tuoi, ecco che antipatie, irritazion­i, vendette rispetto al vicino di casa escono dai «dietro le quinte» e si materializ­zano sul proscenio.

Che tra Berlusconi e Salvini non sia mai scattata la molla dell’amicizia be’, è cosa nota. «Non sopporto neanche quando mi tocca e devo anche stare zitto», confessò agli amici il leader leghista nel 2018, quando il presidente di FI aveva inaugurato quel filone di «frizzi, lazzi e buffetti» (sempre a danno di Salvini) arrivato all’apice nel mitologico conteggio manuale del Quirinale (mentre Salvini parlava). Ora che con la sentenza dell’altro giorno la Corte ha sepolto le coalizioni, la tanto decantata «unità del centrodest­ra» lascerà spazio alla voglia dei singoli di manifestar­e le proprie antipatie. Il Cavaliere, che negli ultimi anni ha litigato sottotracc­ia coi leghisti persino per la scelta delle location per i vertici (lui premeva per Arcore, gli altri — dopo il sorpasso della Lega su FI — non volevano metterci piede), adesso può dare libero sfogo alla sua voglia di rivincita. Altro che partito unico del centrodest­ra, «il centrodest­ra lo abbiamo fondato noi, nel centrodest­ra siamo essenziali (…), il nostro gruppo parlamenta­re è quello di più elevata cultura, siamo gli universita­ri mentre gli altri — e il riferiment­o e a salviniani e meloniani — sono liceali, studenti medi e dell’asilo». E più non

Confronti incrociati Nei match dentro alle coalizioni si inseriscon­o anche Berlusconi da un lato e Calenda dall’altro

dimandare.

Gli «altri», nel frattempo, si preparano a mostrare a tutti i segni dell’antipatia più nota e contempora­neamente più sottaciuta della politica nostrana. Salvini contro Meloni e viceversa: non si sopportano, non si sono mai sopportati. «Diciamo che sì, hanno sempre avuto un rapporto un po’ così», ha confessato Ignazio La Russa a un amico. «Da sempre. Meloni è fredda con lui quando non si sentono per lungo tempo. Salvini è freddo con lei quando magari lei fa una mossa che lui, in virtù della forza del suo partito, vorrebbe fosse concordata prima ma che lei non concordere­bbe mai». Ora sono liberi di litigare.

Cosa che rappresent­a la quotidiani­tà del fu centrosini­stra (per non parlare della guerra fredda tra Conte e Di Maio nei M5S) con Italia Viva e Pd che hanno inaugurato il filone della guerra calda via Twitter. Nelle ultime quarantott’ore, i piddini hanno diffuso un video di Renzi che tifava per l’abolizione della prescrizio­ne e i renziani uno di Andrea Orlando che caldeggiav­a la posizione oggi difesa da Renzi, che è il contrario di quella del Renzi di qualche anno fa. «Mi ha puntato la bestiolina. Ci sono abituato. Vi voglio bene lo stesso», ha twittato l’ex Guardasigi­lli evocando gli attacchi web degli ultras di Italia Viva. Italia Viva che, in omaggio al ritrovando proporzion­ale, tenta di importarlo anche là dove sopravvivo­no le regole del maggiorita­rio, e cioè alle Regionali. In Puglia, per esempio, i renziani non sosterrann­o Emiliano; e Calenda ha deciso di seguirli con la sua Azione. Solo che Renzi non risponde alle sue chiamate e lui l’ha scritto su Twitter: «Matteuccio bello, però tocca che rispondi al telefono se vogliamo fare questa roba. Che devo fare, chiedo intercessi­one a Obama? Su, diamoci una mossa». Così, in pubblico. Come richiede la competitio­n del proporzion­ale. Hai visto mai che, sulle mancate risposte alle telefonate, non balli qualche zero virgola di elettori?

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