«Ricoveri e cure per far cassa, la priorità resti il malato»
Il professor Leo dopo le dimissioni di massa dei primari francesi: anche in Italia c’è lo stesso rischio
PARIGI «Mi dimetto perché un tempo il nostro compito era curare i malati, oggi ci viene chiesto di produrre ricoveri». Lo sfogo della professoressa Agnès Hartemann, primaria di diabetologia all’ospedale «La Pitié Salpêtrière» di Parigi, nei giorni scorsi ha portato in primo piano la protesta di 1.100 medici di tutta la Francia — tra i quali 600 primari — che si sono dimessi dalle loro funzioni amministrative.
Protestano contro un sistema che chiede loro di preoccuparsi della salute finanziaria dell’ospedale più che dei pazienti.
Venerdì la ministra della Sanità, Agnès Buzyn, ha ricevuto una delegazione di medici che però sono usciti dal colloquio insoddisfatti: «Le sue proposte sono solo un cerotto, una cura al ribasso», ha detto il professor Xavier Mariette, primario di reumatologia all’ospedale Bicêtre di Parigi, annunciando che la protesta continua.
E in Italia? «La situazione non è così diversa», dice il professor Ermanno Leo, oncologo all’istituto nazionale tumori di Milano e all’ospedale di Sesto San Giovanni, in passato già protagonista di dichiarazioni che hanno fatto discutere sul «cancro considerato come un affare». Il professor Leo sostiene che «i primari vengono distolti dalla loro missione primaria e ossessionati con un termine che andrebbe ridimensionato, il budget. Ma noi medici non siamo produttori di magliette, la nostra priorità deve restare il malato».
Il governo francese risponde alle richieste e alle critiche dei medici facendo notare che è proprio l’equilibrio finanziario degli ospedali a garantire, a medio-lungo termine, la salute dei cittadini. Se il servizio sanitario pubblico dovesse crollare sotto il peso degli sprechi e della cattiva gestione, il benessere dei pazienti sarebbe ancora meno tutelato. «Questa è una risposta generica sicuramente apprezzabile, il problema è che cosa c’è dietro — obietta il professor Leo —. Sono d’accordissimo sull’idea di evitare sprechi e di fare attenzione a come vengono usati i soldi, proprio per il bene dei paziente. Gli esami e i ricoveri inutili fatti per fare cassa vanno eliminati. Ma questi principi, quando vengono trasferiti nella professione reale, si trasformano nel sopravvento del denaro sulla qualità delle cure. Questo è sotto gli occhi di tutti, i temi del dibattito e i motivi del malcontento di medici e primari sono gli stessi, in Francia come in Italia. Negli Stati Uniti come sappiamo il sistema è diverso, lì prevale la sanità privata che a sua volta porta il problema delle assicurazioni e la difficoltà dei rimborsi. Ma anche da noi c’è un’inversione delle priorità».
Questo influenza anche i criteri con i quali vengono usate le risorse? «Sì, si accentuano gli sforzi verso patologie più remunerative, verso cure di malattie sicuramente importanti, ma magari non prioritarie. Che però garantiscono maggiori rimborsi dello Stato e delle regioni».
I medici vengono distolti dalla loro missione, ossessionati da un termine da ridimensionare: budget