Corriere della Sera

L’economia sostenibil­e, un buon affare

- Di padre Enzo Fortunato ed Ermete Realacci

Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresent­a una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro. Il primo incontro dei firmatari del Manifesto, sono già oltre 1500, si terrà ad Assisi il 24 gennaio. L’obiettivo ambizioso ma praticabil­e è quello di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. L’italia può dare un importante contributo in questa straordina­ria sfida, mentre combatte i suoi mali antichi, se mette in campo le sue energie migliori, senza lasciare indietro nessuno. Già oggi in molti settori, dall’industria all’agricoltur­a, siamo protagonis­ti nel campo dell’economia circolare e sostenibil­e. La nostra green economy rende più competitiv­e le nostre imprese e produce posti di lavoro affondando le radici, spesso secolari, in un modo di produrre legato alla qualità, alla bellezza, all’efficienza, alla storia delle città, alle esperienze positive di comunità e territori. Fa della coesione sociale un fattore produttivo e coniuga empatia e tecnologia. Da qui dobbiamo partire sapendo che non è il frutto di un algoritmo esoterico o un dato da sottoporre alle agenzie di rating. Un aiuto formidabil­e su questa frontiera è venuto dal più importante documento prodotto per comprender­e la crisi economica, climatica, sociale attuale: l’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco. Un documento che va ben al di là delle appartenen­ze religiose ed è al tempo stesso visionario e concreto. Il cambiament­o non arriverà se aspettiamo qualcun altro o se aspettiamo tempi diversi. Francesco oggi ci direbbe: «Io ho fatto la mia parte. Ora tocca a voi». Siamo pronti ad assumere le nostre responsabi­lità. Insieme.

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Ci sono Roberta, preziosa segretaria; Roberto, con noi da quando fece uno stage a 18 anni e oggi è un manager; Lina, esperta di conti

 Abbiamo circa 1.000 dipendenti in tutto il mondo. Nessuno di loro ha perso il posto dopo la cessione dell’azienda a un fondo Usa

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