Corriere della Sera

Sukur, l’ex re del gol fa l’autista di Uber «Erdogan mi ha portato via tutto»

Ha giocato in Italia, è il miglior marcatore della Nazionale turca e ora vive negli Usa: «Il buio finirà»

- Di Paolo Tomaselli

Ieri e oggi Hakan Sukur, 48 anni, è stato uno dei più importanti calciatori turchi, ed è il miglior cannoniere nella storia della sua Nazionale (nella foto grande uno scontro aereo con l’azzurro Cannavaro).

Ha giocato anche in Italia, con il Torino, l’inter e il Parma. Ora vive in esilio negli Stati Uniti dove lavora come autista Uber

(foto a fianco)

L a giacca di raso rossa del sindaco di Istanbul, Recep Tayyip Erdogan, è abbondante e vistosa. Siamo nel 1994, sul Bosforo, a un matrimonio vip trasmesso in diretta tv. La sposa al centro del tavolo ride: il suo nome è Esra Elbirlik, ha 20 anni, è una brillante studentess­a di Chimica farmaceuti­ca all’università di Istanbul. Accanto a lei c’è il calciatore turco più forte del momento: si chiama Hakan Sukur, di anni ne ha 23, è figlio di due immigrati (kosovaro il padre, macedone la madre) e con il Galatasara­y da tre stagioni segna un gol ogni due partite, anche nelle coppe europee. Accanto a lui, come testimone, siede Fethullah Gülen, fine intellettu­ale, predicator­e molto influente e amico della coppia, oltreché del sindaco Erdogan. Calcio, politica e religione siedono allo stesso tavolo: un quadro fedele degli ultimi anni della storia turca in generale. E di quella di Sukur in particolar­e.

Oggi il più grande attaccante della storia del suo Paese fa l’autista di Uber e il rivenditor­e di libri a Washington. Nelle foto al volante, pubblicate dal Welt am Sonntag, appare ingrassato e sciupato rispetto a due anni fa, quando gestiva una caffetteri­a nella Silicon Valley e giocava a calcetto a pochi passi dalla sede di Google. Allora era stato il New York Times a scovarlo. Ma dopo quell’intervista Sukur ha ricevuto visite spiacevoli nel suo locale («venivano a suonare la dombra», simbolo della vera musica turca) e ha preferito cambiare di nuovo vita, sempre in esilio, con una moglie e tre figli adolescent­i e senza poter contare sul consistent­e patrimonio accumulato negli anni d’oro, quando vinceva la Coppa Uefa (2000), segnava al volo nel derby con la maglia dell’inter (2001) e realizzava contro la Corea del Sud il gol più veloce di sempre (10’’89) in un Mondiale (2002): «Erdogan mi ha tolto tutto. Possono indicare quale crimine avrei commesso? Sanno solo darmi del traditore e del terrorista. Sono un nemico del governo, non della nazione turca. Adoro la mia bandiera e il nostro Paese».

Il matrimonio glamour del ’94 dura quattro mesi: Esra, costretta a sposare il calciatore famoso, «non mi ha mai amato», come ammette lo stesso Sukur. Muore nel 1999, il 17 agosto, in un terremoto devastante. Il giocatore cerca fortuna al Torino nel 1995, ma soffre così tanto la lontananza dal suo Paese da farsi spedire cibo turco da Istanbul. In Italia ci torna comunque negli anni della maturità, all’inter appunto e al Parma. Ma il bilancio della sua carriera parla chiaro: il «Toro del Bosforo» segna tantissimo con la Nazionale (51 volte, nessuno come lui) e col Galatasara­y, ma tra serie A e Premier League (col Blackburn) esulta appena dodici volte.

Dopo aver smesso nel 2008, Sukur viene eletto in Parlamento nel 2011, nel partito di Erdogan (Akp), al terzo mandato come primo ministro. Il legame di Sukur con Gülen, fautore di un Islam moderato e filo-europeo, però è più forte della sua fedeltà politica. E quando la situazione precipita, il nome del campione viene rimosso in tutta fretta da due stadi a lui intitolati: «Con l’impeccabil­e tempismo di un innato attaccante d’area — scrive Patrick Keddie nel suo “The Passion. Calcio e storia della Turchia moderna” — Sukur si dimette dall’akp il 16 dicembre 2013, il giorno prima che esploda lo scandalo di corruzione che travolge il partito con accuse che coinvolgon­o Erdogan e i suoi figli». Sukur però fa sapere di aver lasciato l’akp «per la chiusura delle scuole guleniste da parte del governo»: l’auto-esilio in Pennsylvan­ia dell’amico predicator­e lo autorizza a pensare che la deriva autoritari­a della Turchia sia inarrestab­ile.

E un’altra foto che lo riguarda sembra testimonia­rlo: è quella dei manifesti elettorali per la campagna presidenzi­ale di Erdogan nel 2014, nella provincia di Sakaria (collegio di Sukur), nella quale il politico di lungo corso ha una mano sul cuore mentre accanto a lui Hakan ha l’aria disperata, mentre dice: «Come posso guardare i Sakariani negli occhi?». L’ex campione si ribella via social network: «Posso guardare tutto il mio Paese negli occhi. Ed è importante poter guardare anche Allah negli occhi». Sukur non riesce ad entrare come indipenden­te in Parlamento nel 2015 e da allora viene considerat­o come i gulenisti: appartenen­te a un’organizzaz­ione terroristi­ca. Si rifugia così in California con la famiglia.

Nel 2016 per l’ex bomber arriva anche l’incriminaz­ione «per insulti al Presidente attraverso i social media». Mentre il fallito colpo di Stato del 15 luglio, del quale vengono accusati proprio i seguaci di Gülen (che si dichiara estraneo), accelera il progetto di Erdogan. Selmet Sukur, padre di Hakan, viene arrestato mentre prega in una moschea. Tra i numerosi beni sequestrat­i alla famiglia, c’è anche la sede di una scuola gulenista.

Oggi il sogno di Sukur è quello di aprire un’altra accademia, però di calcio: «La gente è preoccupat­a di legare i propri investimen­ti alla mia immagine. Ma prima o poi anche il buio finirà».

Dopo il ritiro dal calcio è stato eletto in Parlamento nel partito dell’attuale leader, ma ha pagato il legame con Gülen, fautore di un Islam moderato e filo-europeo Nel 2016 è stato incriminat­o per «insulti al presidente sui social media». Il padre arrestato in moschea

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