Corriere della Sera

Junior Cally, un nuovo caso a Sanremo

Brano choc del 2017 su un femminicid­io. L’artista: il rap è finzione, non è il mio pensiero

- Renato Franco

Emeno male che doveva essere un Sanremo «all’insegna della donna». Dopo l’uscita infelice («il passo indietro») di Amadeus alla presentazi­one delle sue 10 compagne di palco, arriva chi lo supera a destra facendo di peggio, ovvero il rapper Junior Cally in gara tra i Big del Festival. Perché se nella canzone che presenterà all’ariston (No grazie) si occuperà di politica (contro il populismo), è il suo passato a far rabbrividi­re per i testi in cui la donna viene vilipesa e umiliata.

In Strega (2017) Junior Cally cantava: «Lei si chiama Gioia / balla mezza nuda, dopo te la dà / Si chiama Gioia perché fa la tro.. / L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa / c’ho rivestito la maschera». Il video aggiungeva immagini alle parole: Gioia legata a una sedia con un sacco in testa mentre

Il video

● In «Strega» (brano del 2017) Junior Cally cantava: «Lei si chiama Gioia / balla mezza nuda, dopo te la dà / Si chiama Gioia perché fa la tro.. / L’ho ammazzata». Nel video si vede Gioia legata a una sedia con un sacco in testa mentre cerca inutilment­e di liberarsi cerca inutilment­e di liberarsi. A denunciare il rapper è il blog di Marco Brusati, professore a contratto (di area cattolica) dell’università degli Studi di Firenze. Che sottolinea, «qui abbiamo la rappresent­azione di una costrizion­e violenta e il racconto di un femminicid­io». E un appello contro la partecipaz­ione del rapper a Sanremo è stato condiviso da un gruppo di esponenti (donne) del Pd

Ma non è un unicum nel repertorio di Junior Cally perché «troviamo che la donna è rappresent­ata come oggetto di piacere o come trofeo tribale». Una donna verso cui rivolgere appetiti sessuali. Come in Regola 1 dove immagina di sottomette­re Giusy Ferreri (la cantante), Greta Menchi (l’influencer), Elisabetta Canalis (l’ex velina). Altre frasi invece rientrano nel body shaming come quando canta «questa tipa, una balena» (in Cally Whale); oppure quando per insultare i rapper avversari li chiama «senza tette» (sempre da Regola 1), come se il valore di una donna si stabilisse in base alle sue misure.

Junior Cally — al secolo Antonio Signore, 28 anni, romano — replica alle accuse con una nota. Premette: «La posizione dell’artista è contro il sessismo, i passi avanti o indietro, e contro la violenza sulle donne». Poi riflette sullo stato dell’arte: «Lungi da me scomodare i grandi nomi del cinema, della letteratur­a e della storia dell’arte, da Tarantino

Allo specchio

Il rapper Junior Cally, all’anagrafe Antonio Signore, 28 anni, romano

e Kubrick, da Gomorra a Caravaggio e scrittori come Nabokov e Bret Easton Ellis: l’arte può avere un linguaggio esplicito e il rap, da sempre, fa grande uso di elementi narrativi di finzione e immaginazi­one che non rappresent­ano il pensiero dell’artista». Quindi cita altri passati dall’ariston come Vasco («è andata a casa con il negro la tro...») e gli Afterhours («sei più bella vestita di lividi»). E altri che vedremo quest’anno come Marco Masini («bella stronza, mi verrebbe di strapparti quei vestiti da putt... e tenerti a gambe aperte»); e Achille Lauro («l’amore è un po’ ossessione, un po’ possesso, carichi la pistola e poi ti sparo in testa»). O, ancora, la conduttric­e dell’altro Festival, Myss Keta («toccami la gamba, passami la bamba, Jo sono la tua tro...»). E le conclusion­i a cui arriva sono due: «O si accetta l’arte del rap che deve essere libera di esprimersi. Oppure si faccia di Sanremo un’ipocrita vetrina del buonismo, lontana dalla realtà».

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