WAGNER NEL DESTINO
L’appuntamento La stagione del Comunale si apre il 24 con «Tristano e Isotta». La città battezzò in Italia ben cinque opere del compositore tedesco. A iniziare da «Lohengrin» che procurò qualche illustre mal di pancia
La reazione
Il maestro scrisse a Ricordi: «Non voglio essere lohengrinato, piuttosto il fuoco»
BOLOGNA E QUELLA PRIMA CHE FECE INDISPETTIRE VERDI
Bologna non è bella come Venezia e non ha il turismo di massa, non ha conosciuto la ricerca e i fasti della pittura che al Maggio Fiorentino incontrava la musica, non ha il prestigio e il peso storico di Milano, o del San Carlo. Ma ha un pubblico disposto al rischio. E ha avuto Wagner.
La stagione comincia col Tristano e Isotta: fu Bologna, nel 1888, a ospitarne la prima italiana. La tradizione wagneriana era già cominciata, nel 1871, quando si affacciò per la prima volta nel nostro paese l’opera più mediterranea di Wagner, Lohengrin. La città da dodici anni era uscita dall’assoggettamento secolare allo Stato Pontificio. Una nuova situazione politica si era determinata. La vita culturale conosceva un primo risveglio, ma il teatro costruito dal Bibbiena non aveva una storia all’altezza di quella di altri teatri. Con Wagner, in Italia, detiene un primato indiscusso.
Bologna aperta al nuovo, a universitari e musicologi, a un’idea dinamica di convivenza civile; Bologna che ha dato i natali a Respighi, capoluogo di una Regione di orchestre e teatri importanti, patria elettiva di Riccardo Muti a Ravenna; Bologna città wagneriana nella terra di Verdi. Oltre al Tristano e Isotta, il Comunale ha avuto le prime italiane di Lohengrin (1871), Tannhauser (1872), Il vascello fantasma (1877) e Parsifal (1914): nei prossimi cinque anni andranno tutte in scena a Bologna.
La prima del Parsifal, al Comunale, cominciò alle tre del pomeriggio. Era il primo gennaio 1914. Il Resto del Carlino annotò i «reverendi che quell’opera ha strappati dalle silenti e monotone sagrestie, e vogliono assistere, in barba ai rigidi e primitivi regolamenti chiesastici, al grande avvenimento artistico».
Bologna covo di germanisti, di esperti di favole nordiche? Wagner ha compiuto numerosi viaggi in Italia, dal 1852 al 1883. I primi due furono effettuati in condizioni d’animo e fisiche precarie, il compositore soffriva di disturbi gastrici e nervosi, oltre alle ristrettezze economiche in cui si era venuto a trovare. Cercava un clima più adatto alle sue condizioni di salute.
Dopo una lunga assenza di quindici anni, noleggiando una carrozza a cavalli fece un secondo ciclo di viaggi nel nostro paese, in compagnia della seconda moglie Cosima.
Volle visitare l’italia da Nord a Sud: Torino e Genova, Trieste e Venezia, Verona e Roma, Palermo e Catania. E Bologna. Qui la wagnerizzazione, narrata dalle cronache vernacolari, fu auspicata dal sindaco, Camillo Casarini, che consegnò la cittadinanza onoraria a Wagner, il 4 dicembre 1876 (l’anno in cui a Napoli si consumò la sua frattura con Nietzsche), in occasione di una recita del Rienzi. Durante l’intermezzo, il compositore sul palco abbracciò gli interpreti. Il giorno dopo partecipò a una colazione della giunta comunale dove venne eseguito il Preludio del terzo atto del Lohengrin. La banda suonò di corsa, Wagner intervenne per moderare il tempo. Nell’estate del ‘71 il sindaco si era recato a Monaco per il Lohengrin, poi si impegnò per portare quanto prima l’opera a Bologna che debuttò al Comunale il 1° novembre. Qualche giorno prima Wagner scrisse al direttore Angelo Mariani per dare alcuni consigli in vista del debutto (a cui il compositore non assistette), il maestro rispose: «Niuna delle vostre indicazioni sarà minimamente trascurata».
Il pittore tedesco Gustav Gaul scrisse: «I tedeschi ci hanno messo anni a trovare bello il Lohengrin. I sensibili bolognesi lo hanno scoperto subito la prima sera».
Boito non mancò la prima del Lohengrin, e Verdi si fece vedere a una replica, il 9 novembre, in compagnia dell’agente bolognese di casa Ricordi. Il maestro, seminascosto in un palco di second’ordine, appuntò sullo spartito le sue riflessioni: ben 114, di cui 78 negative. Scriverà a Giulio Ricordi: «Non voglio essere lohengrinato… Piuttosto il fuoco».
Il regista Romeo Castellucci esordì nella lirica nel 2014 a Bologna col Parsifal, in occasione del centenario italiano: un Wagner desacralizzato, con un cane e un serpente veri, e le fanciulle in fiore appese in aria a delle funi. Fu un grande successo, ma la convinzione, uscendo dalla sala, è che in tante altre città italiane, meno «tolleranti», il pubblico lo avrebbe contestato.