Opolais, il cinema può attendere: ascoltai la Callas; e scelsi la lirica
È Adriana Lecouvreur: che donna, ho dato il suo nome a mia figlia
Per Kristine Opolais il destino si chiama Adriana. «È il ruolo che inseguo da sempre» confessa la soprano lettone dalla voce luminosa come i suoi capelli biondi, dal 9 maggio protagonista dell’adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, nel nuovo allestimento ideato da Rosetta Cucchi e diretto da Asher Fisch. «Rispetto ai soliti personaggi di finzione della lirica — riprende Opolais —, Lecouvreur è una figura storica del primo ‘700, attrice che ha rivoluzionato il modo di recitare, togliendo enfasi. Un approccio naturale che all’inizio ha scioccato il pubblico, le ha procurato critiche e invidie. Grandi successi, amori, una fine tragica. Sono felice di celebrare la sua eredità in quest’opera. Che ho sognato proprio come ho sognato mia figlia. Sentivo dentro di me che un giorno avrei cantato questo ruolo e anche che sarei stata madre. Quando la mia bambina è nata non ho avuto dubbi, l’ho chiamata Adriana».
Un nome, una promessa. Al fato Kristina ci crede. Bella com’è, sembrava avviata alla carriera cinematografica. «Fu mia madre a intuire il mio talento per il canto e a spingermi sulla strada dell’opera. Io non ero troppo convinta, studiavo canto ma mi piaceva di più il pop. Poi mi capitò di ascoltare un disco di Maria Callas e ne fui folgorata. In quell’istante decisi che sarei diventata cantante d’opera. Non mi pento un attimo di questa scelta, che mi ha permesso di mettere insieme le due cose che amo di più, la musica e la recitazione. Certo, se mi offrissero un film interessante, potrei pensarci...».
Oltre a Callas, l’altro grande incontro è stato con Puccini. «Le sue donne sono così emozionanti! Appassionate e emotive, vulnerabili e forti. Riesco a sentire il loro amore, il loro dolore. La musica di Puccini vive nel mio sangue, mi parla in modo potente. Quando canto Puccini mi sento come se la mia anima e il mio cuore fossero in fiamme». La voce è uno strumento magnifico e delicato, Opolais ne è consapevole ma non intende farsi sopraffare dalle ansie del mestiere. «Se comincio a pensare a tutte le paure, non salirei più su un palcoscenico! Certo, mi preoccupo che il mio corpo e la mia voce siano in forma, ma quel che più mi preme è di riuscire a entrare nell’anima del mio personaggio. Per il resto, quello che ho imparato in tanti anni d’esperienza, è di evitare i luoghi rumorosi se devo cantare. Parlare ad alta voce non aiuta a conservare una buona forma vocale».
Di recente la sua vita è cambiata, si è separata dal marito, il direttore Andris Nelsons, la sua carriera è sempre più fitta di impegni e, intanto, Adriana ha già otto anni. Donna, madre, diva. Come si fa? «Bella domanda. Se la pongono tutte le cantanti che sono anche madri. Ogni giorno è diverso e tu devi essere flessibile. Adriana ha un’età in cui ha bisogno di continuità, di frequentare la sua scuola e quindi io passo più tempo che posso con lei e, quando sono in viaggio, ci parliamo ogni giorno. Essere diventata madre ha avuto un grande impatto su di me anche come artista. L’amore per mia figlia ha reso il mio cuore più scoperto, ha raddoppiato la mia sensibilità nei confronti del mondo. La tavolozza di emozioni, di colori, che porto nei miei ruoli, è diventata più ricca».
Quando canto Puccini mi sento come se la mia anima e il mio cuore fossero in fiamme