Corriere della Sera

Prese in giro bipartisan

- Di Massimo Franco

La sceneggiat­a che si è consumata ieri in Senato ha molti padri. E avranno tutti il compito non facile di spiegare una vicenda incomprens­ibile ai più; e che ha visto un uso strumental­e delle istituzion­i.

Matteo Salvini ha fatto votare i leghisti della giunta per le Immunità a favore del processo contro se stesso. Grazie al voto di cinque senatori, ha chiesto e ottenuto di essere giudicato dal tribunale dei ministri per il sequestro della nave di migranti Gregoretti, con lo sguardo alle urne di domenica in Emilia-romagna e Calabria: nei panni della vittima spera di ottenere voti decisivi per la vittoria.

Il resto del centrodest­ra, FDI e FI, ha votato invece «convintame­nte» contro il processo, spaccando il fronte delle opposizion­i e aggiungend­o un tocco surreale. E la maggioranz­a «colpevolis­ta» M5S, Pd e Iv ha disertato la seduta della giunta per le «gravi irregolari­tà» che si sarebbero consumate nella procedura. Poco importa che il vero voto sul via libera al processo contro l’ex ministro dell’interno sarà, probabilme­nte, a febbraio, quando si riunirà l’aula di Palazzo Madama. L’ obiettivo salviniano era di potersi presentare da vittima della «giustizia politica» all’elettorato del 26 gennaio.

Lo ha centrato grazie ai numeri nella giunta e alla tattica dilatoria della coalizione di governo, che per identici motivi voleva rinviare ogni decisione a dopo le elezioni regionali. Certo, quando la Lega sublima la sua manovra proponendo un giorno di digiuno in onore di Salvini, rischia di sfiorare il ridicolo. Ma l’intera vicenda è immersa in un tatticismo di Palazzo esasperato, e senza il minimo rispetto per regole utilizzate e abusate con disinvoltu­ra. Nello scontro è stata «sacrificat­a» perfino la presidente del

Senato, Elisabetta Casellati, seconda carica dello Stato, accusata dalla maggioranz­a di essersi schierata con il centrodest­ra.

Insomma, chi ritiene che il leader del Carroccio sia innocente ieri ha optato per spedirlo davanti ai giudici, assecondan­do solo un calcolo elettorale. Alcuni suoi alleati si sono dissociati, sapendo che comunque sarebbe passata la soluzione voluta da Salvini. Chi invece lo ritiene colpevole di avere sequestrat­o una nave di migranti, nel luglio scorso, in Sicilia, non si è presentato alla riunione contestand­one la legittimit­à; ma preparando­si a votare per il processo quando ne discuterà l’intero Senato. C’è da chiedersi se ne valesse la pena; e quanto le contorsion­i di questi giorni abbiano prodotto danni duraturi.

L’impression­e che ci si trovi di fronte a qualcosa di avulso da qualsiasi valutazion­e di merito esce rafforzata da questa brutta pagina per le istituzion­i. E si può scommetter­e sull’incattivim­ento che produrrà: comunque vada a finire domenica. Salvini e il resto delle opposizion­i confidano che una sconfitta della sinistra in Emiliaroma­gna produca un «effetto domino» a livello nazionale. Giorgia Meloni di FDI già chiede al Quirinale, in quel caso, di «valutare se sciogliere le Camere». E parla di «fine della democrazia» per il processo a Salvini, anche se lei ha votato contro e la Lega a favore. Sì, presenti e assenti di ieri faticheran­no a dare una spiegazion­e logica di questo rompicapo degno delle peggiori pratiche parlamenta­ri.

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