Il Fondo monetario: il mondo è in «modesta ripresa» Ma salgono le disuguaglianze
Il Pil salirà del 3,3%. Italia, il nodo del debito. Oxfam: il patrimonio di 2.153 ricchi è superiore a quello di 4,6 miliardi di persone
DAVOS Kristalina Georgieva, nuovo numero uno del Fondo monetario internazionale, scomoda Tolstoj e la sua Anna Karenina per spiegare che il nuovo World Economic Outlook, presentato ieri a Davos, prevede «luci e ombre» per l’economia globale. Tradotto: ancora incertezza. «Si vedono i primi segni di stabilizzazione, sebbene su un livello basso», afferma l’economista bulgara, ma «la crescita mondiale rimane fiacca e non ci sono chiare indicazioni di una svolta». Idem per l’italia, dove «la crescita è molto modesta, il debito è alto e la produttività bassa, inferiore a quella degli altri Paesi», sostiene Gita Gopinath, capo economista del Fmi.
È vero che il Fondo ha migliorato le stime sull’italia, il cui Prodotto interno lordo nel 2019 sale dello 0,2% invece di restare invariato, come previsto lo scorso ottobre. Ma «il progresso è molto piccolo e la crescita è ancora molto bassa e vicina a zero», afferma Gopinath, spiegando che «l’italia ha beneficiato della politica monetaria accomodante e dei tassi di interesse molto bassi». Come dire: la spinta è venuta soprattutto dalla Bce, più che per merito della politica nazionale.
Il Paese «ha bisogno di riforme strutturali» per approfittare delle condizioni di mercato favorevoli, «è il momento di agire», interviene Gian Maria Milesi-ferretti, vicedirettore del Dipartimento di ricerca del Fmi. Le raccomandazioni sono sempre le stesse: «Ridurre gradualmente il debito pubblico e introdurre misure per incoraggiare la crescita, fondamentale nel rapporto per misurare il debito». Crescita che, nelle proiezioni per i prossimi due anni, rimane «molto modesta». Il Fmi stima un aumento dello 0,5% del Pil nel 2020 e dello 0,7% nel 2021, rispetto a una media dell’area euro, rispetti- vamente, dell’1,3% e dell’1,4%.
E’ la più bassa del G7, valuta Milesi-ferretti. Che chiede, inoltre, «una spinta alla produttività», ancora inferiore alla media Ue, tanto che il Pil pro capite è rimasto sotto i livelli pre crisi.
A livello globale, rispetto allo scorso ottobre, il Fmi taglia ancora (leggermente) le prospettive di crescita, che salirà dal 2,9% del 2019 al 3,3% nel 2020 e al 3,4% nel 2021. Una correzione al ribasso dello 0,1% per il 2019 e il 2020 e dello 0,2% per il 2021, soprattutto a causa del rallentamento dell’india. Si osservano però i primi segnali che il declino nel settore manifatturiero e il commercio internazionale hanno toccato il fondo. In parte al miglioramento del settore auto, dopo la flessione legata ai nuovi standard sulle emissioni; in parte perché l’accordo tra Usa e Cina, se duraturo, ridurrà l’impatto negativo delle tensioni commerciali sul Pil globale a fine 2020, dallo 0,8% allo 0,5%. Ma anche la politica monetaria accomodante, in modo quasi sincronizzato nelle maggiori economie, «con 71 tagli di tassi di interesse da parte di 49 banche centrali», ha contribuito a sostenere la domanda: con un apporto pari allo 0,5% sia per il 2019 che per il 2020 sulla crescita globale. Gli Stati Uniti di Donald Trump, che oggi arriva a Davos, hanno fatto peggio di quanto promesso dal presidente: il Fmi stima che nel 2019 il Pil dovrebbe attestarsi a +2,3%, per poi rallentare al 2% quest’anno e all’1,7% nel 2021, per il venir meno degli stimoli fiscali. Grazie alla tregua commerciale tra Washington e Pechino, il Fondo corregge al rialzo le proiezioni della Cina, che nel 2020 crescerà del 6% (+0,2% rispetto a ottobre) e del 5,8% nel 2021. Cade l’india che invece del 6,1% stimato si è fermata al 4,8% nel 2019 e nel 2020 segnerà solo +5,8% dal 7% previsto a ottobre.
A dispetto delle buone notizie sul commercio con Pechino e delle minori probabilità di un «no deal» con la Brexit, il pericolo all’orizzonte sono nuove tensioni sul commercio tra America e Unione europea, ma anche la rottura della tregua tra Usa e Cina. In questo scenario fragile «i Paesi con spazio fiscale, come Germania e Olanda, dovrebbero investire di più, soprattutto in captale umano e in infrastrutture ecosostenibili. Le economie con livelli di debito insostenibile dovrebbero consolidare i conti pubblici», afferma Gopinath. Ai politici dice: «Non fate altri danni, riducete l’incertezza». Auspicando «una risposta fiscale coordinata, per migliorare l’efficacia delle misure e più cooperazione a livello internazionale». Per tutti «è imperativo attuare riforme strutturali, aumentare l’inclusione e creare reti di sicurezza per le persone più vulnerabili». Perché le disuguaglianze aumentano invece di diminuire.
Oxfam nel rapporto presentato ieri calcola che un’élite di 2.153 Paperoni detiene una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone, mentre alla metà più povera del pianeta resta meno dell’1%. Ancora: il patrimonio delle 22 persone più ricche del mondo supera la ricchezza di tutte le donne del continente africano.