Timbrava in mutande: vigile assolto
Furbetti del cartellino a Sanremo, per il giudice il fatto non sussiste. «I miei 4 anni di tortura mediatica»
Quel giorno timbrò il cartellino in mutande. Fu immortalato da una telecamera del Comune e l’immagine diventò il simbolo di un certo mondo, pigro e lavativo, della pubblica amministrazione: i furbetti del cartellino.
Era il 2015 e Alberto Muraglia, oggi cinquantottenne, faceva il vigile a Sanremo come responsabile dei controlli al mercato ortofrutticolo. Fu licenziato e con lui ne licenziarono altri 31, tutti dipendenti del Comune ligure, tutti indagati nell’ambito di un’inchiesta che il 22 ottobre 2015 portò a un blitz senza precedenti: 35 arresti, ai domiciliari, altri 8 dipendenti con l’obbligo di firma, accusati di falso ideologico e truffa ai danni dello Stato.
Un terremoto giudiziario e amministrativo, del quale Muraglia diventò l’icona. Ieri, la sorpresa: il giudice per l’udienza preliminare di Imperia, Paolo Luppi, ha assolto tutti gli imputati, dieci, che avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Fra questi c’era Muraglia. Per il gup «il fatto non sussiste», cioè assoluzione piena. L’ex vigile si è commosso: «Sapevo di non aver fatto nulla di male ma sentirsi dire dal giudice che sei innocente è un’altra cosa. È la fine di un incubo, sono stati quattro anni di tortura mediatica...».
Va detto che il giudice ha anche disposto 16 rinvii a giudizio e chiuso 16 patteggiamenti e che dunque l’indagine del pm Maria Paola Marrali e della Guardia di Finanza non era campata per aria. Fra chi ha patteggiato c’è l’ex messo notificatore del Comune, un’ex impiegata dell’ufficio anagrafe, un ex ausiliario del servizio notifiche, un ex istruttore amministrativo elettorale e l’ex perito agrario dei Lavori pubblici che, secondo la Finanza, timbrava, usciva e andava a vogare. Tutti, naturalmente, licenziati.
Ma perché è stato assolto Muraglia, «beccato» in mutande a timbrare? In attesa delle motivazioni della sentenza (entro 90 giorni) è il suo avvocato, Alessandro Moroni, a dare una spiegazione: «Semplicemente per il fatto che lui abitava nello stabile del mercato dove c’era la timbratrice. Essere in abiti borghesi conta poco, perché la vestizione della divisa è considerata orario di lavoro e quindi successiva alla timbratura». Muraglia si svegliava alle 5.30 per aprire i cancelli del mercato e prendeva servizio alle 6 e, visto che abitava lì, talvolta passava alla macchinetta che marcava la presenza mentre si cambiava, dice. Gli veniva contestato pure di aver mandato anche la figlia a timbrare. «Perché talvolta dimenticava di strisciare il badge o si attardava a chiudere le pratiche e allora lo faceva lei». Comunque sia, assolto. Dopo essere stato licenziato e sfrattato, l’ex vigile ha deciso di cambiare lavoro.«potevo sprofondare o rimboccarmi le maniche e ho scelto la seconda», dice ora. Si è messo a fare l’«aggiustatutto», aprendosi un negozietto che pare funzioni alla grande. Sistema frigoriferi, cucine, elettrodomestici in genere.
E ora che farà? «Vorrei tornare alla mia vecchia occupazione», ha detto. C’è una causa in piedi davanti al giudice del lavoro, nella quale lui chiede il reintegro. L’assoluzione giocherà a suo favore. «Non c’è una trasposizione automatica del procedimento penale in quello civile ma è chiaro che si tratta di una gran bella notizia anche per questo fronte», ha spiegato l’avvocato Luigi Zoboli che lo assiste nel civile.
L’inchiesta L’impianto dei pm ha però retto: disposti 16 rinvii a giudizio altri 16 patteggiamenti
Il futuro Ora Muraglia attende l’esito di una seconda causa: «Vorrei tornare al mio vecchio lavoro»
E la Procura cosa dice? «Io dico che l’indagine della Guardia di Finanza e del pm Marrali è stata condotta con grande serietà. Hanno profuso un impegno investigativo davvero notevole. Vorrei comunque ricordare che ci sono anche 16 patteggiamenti e 16 rinvii a giudizio, cosa che depone per la consistenza dell’impianto accusatorio. Quanto agli abbreviati, aspettiamo di vedere le motivazioni e decideremo il da farsi, anche perché su queste posizioni vi erano prove che la Procura ha considerato importanti e di spessore».
Sembra comunque scontata l’impugnazione.
Dei dieci assolti, sette erano stati licenziati. Anche per loro, dunque, si potrebbero riaprire le porte del Comune di Sanremo.