Corriere della Sera

Noi, i social e la tirannia dei like

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della mamma. È probabile, però, che a fronte di utenti che crescono e post che diminuisco­no, la paura sia che chi ha pochi like pubblichi meno e abbandoni per stress da scarsa popolarità. In parte, le stories hanno contenuto la fuga: spariscono in fretta e non c’è contatore. Resta allo studio se e come limitare i like pubblici, se tenere una soglia in migliaia.

Curiosità: Justin Rosenstein, l’ingegnere che portò i like su Facebook, nel 2017, è uscito dai social e s’è pentito dell’invenzione: «Il “mi piace” m’ispirava ottimismo, ma si è rivelato uno pseudopiac­ere», confessò.

Non mancano i motivi per tenersi i like. Come dice lo psichiatra Tonino Cantelmi, docente di Cyberpsico­logia all’università europea di Roma, «Instagram è il più narcisisti­co fra i social e, se non saprà più stimolare il narcisismo digitale, sarà soppiantat­o da altri social». Cantelmi, in uscita per Franco Angeli con «Amore Tecnoliqui­do», spiega: «Il nostro cervello è plastico e si è già adattato. Viviamo la mutazione antropolog­ica più grande dall’avvento della scrittura e non si torna indietro. Bisogna imparare ad accettare anche le umiliazion­i digitali».

La novità non spaventa chi sui like ha creato imperi. Dice Elena Dominique Midolo, Ceo di Cliomakeup, sette milioni di follower: «Per i big player non cambia nulla: gli inserzioni­sti guardano più l’engagement. Il like nascosto, semmai, tocca gli emergenti: come per strada la gente è attratta dal capannello, così sui social mette il like dove ce ne sono già tanti».

I like sono desueti anche per Marco Montemagno, imprendito­re e divulgator­e tech con tre milioni di follower: «Sono stati introdotti quando non c’erano miliardi di persone sui social. Ormai, sono incentivi a contenuti estremi». Il suo motto è: «Se i contenuti funzionano, lo misuri da come reagisce la community. Io non conto i like, ma Lavorabili­ty, il libro che ho autoprodot­to per dimostrare che grazie ai social si può essere indipenden­ti, è il più venduto online».

Il «m’ama non m’ama» incalza e per Mosseri è più che un tema di coscienza... Prima, era il supervisor­e del feed di notizie di Facebook e, se è stato Mark Zuckerberg a rispondere al Congresso Usa delle accuse di disinforma­zione, internamen­te, fu messo sotto torchio lui. Poi, è passato a Instagram, acquisita da Facebook nel 2012. E ora non può permetters­i di sbagliare.

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