Corriere della Sera

TRISTE SPETTACOLO: IL PD FESTEGGIA IL PROPORZION­ALE

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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo, credo che i promotori della proposta referendar­ia siano stati poco accorti e male assistiti nel formulare il quesito. Quanto al proporzion­ale, questo, lungi dall’assicurare una stabile e omogenea governabil­ità, garantirà solo le forze politiche e la gracile sopravvive­nza di alcune in danno della «salute» del nostro Paese e del periodo in cui scelse il maggiorita­rio. Stefano Maria de Mitri È inquietant­e il giudizio della Consulta, che sta alla base della bocciatura del referendum leghista. Quello che colpisce nelle ultime leggi elettorali è la prevalenza dell’interesse di parte dei proponenti, rispetto a quello prioritari­o di dare al Paese una buona legge elettorale. Massimo Marnetto

Cari lettori,

Credo che nessuno di noi abbia gli strumenti giuridici per valutare la decisione della Corte Costituzio­nale. Nel 1993 potemmo votare — e lo facemmo con una straordina­ria partecipaz­ione — per un referendum che di fatto aboliva il proporzion­ale e introducev­a il maggiorita­rio (poi attuato da una legge che porta il nome dell’attuale presidente della Repubblica). All’evidenza, quel quesito referendar­io era scritto meglio. Ma era anche diverso il clima politico nel Paese.

La Lega stavolta intendeva abolire la quota proporzion­ale dell’attuale legge, e introdurre l’uninominal­e all’inglese, per fini di parte? Possibile, anzi probabile. Ma vedere il Pd che esulta per la sentenza e che auspica il ritorno al proporzion­ale è uno spettacolo da teatro dell’assurdo.

Il partito democratic­o nasce con il maggiorita­rio e per il maggiorita­rio. Nel 1999 gli antenati del Pd appoggiaro­no il referendum che doveva abolire la quota proporzion­ale (il 25%) prevista dal Mattarellu­m: stravinse il Sì, anche se per un soffio non ci fu il quorum. I fondatori del Pd, Romano Prodi e Walter Veltroni, sono tuttora sostenitor­i del maggiorita­rio. Del resto il partito democratic­o ha un senso se unisce i riformisti italiani, nella prospettiv­a di fronteggia­re uno schieramen­to di centrodest­ra. Oggi il centrodest­ra c’è: litigioso, diviso, ma elettoralm­ente forte. È il centrosini­stra che non c’è. I Cinque Stelle non possono essere considerat­i uno dei due pilastri dello schieramen­to progressis­ta: erano una forza antisistem­a, sono andati al governo con la Lega, e pur di rimanerci — ed evitare una severa punizione nelle urne — hanno fatto l’accordo con il Pd.

Il proporzion­ale servirà ad attenuare la vittoria della destra, non a impedirla. E priverà in futuro i riformisti della possibilit­à di cambiare davvero le cose, senza affondare nella palude delle coalizioni e delle clientele.

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