Il favorito Sanders agita i democratici
«Solo contro Wall Street e tutto il sistema». Il senatore Sanders è super favorito nello Stato dell’iowa, che oggi dà il via alle primarie dem
«OBernie o niente». Il vecchio slogan del Che («Patria o muerte») torna utile, parafrasato, per descrivere l’atmosfera nel quartier generale del Senatore Bernie Sanders, a Des Moines. Una ventina di ragazzi e ragazze scrutano i pc senza alzare lo sguardo. Abbigliamento sciolto, felpe, camicioni a scacchi. Un golden retriever sonnecchia indisturbato. Disciplina ferrea: lo «staff», i quadri dell’organizzazione, non possono parlare con nessuno. I volontari sì, ma solo se autorizzati. Sul muro è appeso un grande manifesto con 12 regole onnicomprensive. Un misto di ovvio buon senso, paternalismo e psicologismo spicciolo. La numero 1, per esempio, prescrive: «Comportatevi come se lavoraste alla Casa Bianca per il popolo americano». Ok. Ma che dire della numero 10? «Sappiate riconoscere i vostri pregiudizi e il modo in cui possono avere influenza su di voi. I pregiudizi possono condizionare le nostre decisioni, pensieri e comportamenti talvolta senza che noi ce ne rendiamo conto...».
Nel 2016 i fan di «Bernie» erano politicamente selvaggi, scapigliati, aperti e simpatici. Oggi appaiono come una falange compatta, dogmatica, anche un po’ più scorbutica. A Des Moines sono loro i più convinti di vincere stasera nei «caucus» dell’iowa, l’atto d’apertura delle primarie democratiche. Da soli contro tutti i rivali, contro «l’establishment» del partito democratico, contro «Wall Street», contro «le big corporation» e così via.
In realtà la gara è ancora aperta e molto incerta. L’ultimo sondaggio della Cbs dà Sanders e Joe Biden in testa con il 25%. Terza posizione per Pete Buttigieg con il 21%; quarta Elizabeth Warren con il 16%; in coda Amy Klobuchar con il 5%. La media delle rilevazioni, calcolata dal sito Realclearpolitics, proietta al comando il Senatore «rivoluzionario», con il 24%, Biden è al 21%.
Ma qualunque sia il risultato, per i «sandersiani» non ci sono alternative a Bernie. Lo mettono in chiaro Diego, 22 anni, figlio di immigrati messicani, oppure Jones, 33 anni, giornalista militante di New York. Lo spiega una delle attiviste in una piccola riunione «di addestramento», usando un tabellone bianco e qualche filmato di repertorio. È tutto previsto. «Se vi chiedono delle condizioni di salute di Bernie (78 anni, un attacco cardiaco superato lo scorso ottobre ndr), rispondete che sta benissimo e che in ogni caso è circondato da consiglieri esperti in tutti i campi».
Parlando con i militanti vengono fuori giudizi netti, etico-morali, prima ancora che di merito politico. Spunta anche qualche «pregiudizio», che sarebbe vietato dalla norma numero 10 di cui sopra. Il senatore del Vermont è «integro», «pulito», «incorruttibile». Stroncati tutti gli altri, a cominciare dalla candidata teoricamente più vicina, la senatrice Warren, liquidata come «machiavellica», che qui è considerato un insulto gravissimo.
Sono più o meno le stesse cose che Sanders ha ripetuto nelle ultime ore della sua campagna. Nei piccoli comizi, come nel villaggio di Indianola o nei grandi raduni, introdotti da concerti, come quello di sabato sera, a Cedar Rapid: tremila persone e altre 680 mila collegate con la diretta Facebook per ascoltare Bernie e la musica indie rock dei Vampire Weekend. Negli ultimi giorni sul palco si sono viste le stelle della sinistra neosocialista, le deputate Alexandria Ocasio-cortez e Ilhan Omar; oltre al regista Michael Moore.
Ma «Bernie o niente» potrebbe diventare da domani un problema dirompente per lo schieramento progressista in tutto il Paese. Per un motivo molto semplice: gran parte della sinistra radical non sembra disponibile a votare un altro democratico, chiunque sia, nella sfida finale contro Donald Trump il 3 novembre 2020.
Il turno dell’iowa assegna 41 delegati, solo l’1% del totale. Per conquistare la nomination occorre raggiungere la soglia di 1.990 rappresentanti. Ma storicamente la spinta iniziale dei «caucus» si è rivelata fondamentale per i candidati vincenti, dai presidenti Jimmy Carter a Barack Obama fino, quattro anni fa, a Hillary Clinton, la prima donna a ottenere la nomination del partito.
Ecco perché il fronte moderato sta moltiplicando gli sforzi per bloccare o almeno contenere il «Fenomeno Sanders».
Chi è in vantaggio L’ultimo sondaggio dà Sanders e Biden avanti con il 25%, Buttigieg al 21% e Warren al 16%