Corriere della Sera

L’ira del ministro che adesso in Aula rischia il «liberi tutti»

Riflettori su Conte per l’ultima mediazione

- Italia viva 17

ROMA Dice di non accettare ricatti né minacce, Alfonso Bonafede, che parla come ministro della Giustizia, ma anche — per la prima volta in termini così decisi — in veste di neo-capodelega­zione dei Cinque Stelle nell’esecutivo. Tuttavia a leggere le sue dichiarazi­oni con gli occhiali degli altri partiti della coalizione, rischia di diventare lui quello che ricatta e minaccia. Perché con la sua irremovibi­lità sulla riforma della prescrizio­ne potrebbe facilmente essere accusato di mettere a repentagli­o la tenuta della maggioranz­a. Puntando direttamen­te i renziani, ma mettendo in difficoltà il principale partner di governo, cioè il Pd. Che sul tema della prescrizio­ne è certamente più vicino a Italia viva che ai grillini, sebbene anche al Nazareno certe frequentaz­ioni additate dal Guardasigi­lli (leggi Denis Verdini) non piacciano granché.

Al di là di più ampie consideraz­ioni politiche, il pomo della discordia resta comunque il blocco definitivo della decorrenza della prescrizio­ne dopo la sentenza di primo grado, divenuto legge il 1° gennaio scorso. Una novità che tutti chiamano «riforma Bonafede», mentre in realtà fu introdotta dalla precedente maggioranz­a con un emendament­o dell’ultima ora alla legge «Spazzacorr­otti» presentato dalla deputata del M5S Francesca Businarolo, oggi presidente della commission­e Giustizia. Un escamotage per evitare il veto leghista in Consiglio dei ministri; dopodiché in aula il partito di Salvini disse sì in cambio dell’appoggio grillino alla riforma della legittima difesa, ottenendo l’entrata in vigore posticipat­a di un anno per avere il tempo di approvare interventi utili ad accelerare i processi e disinnesca­re la «bomba atomica» paventata dall’allora ministro del governo Conte I Giulia Bongiorno. Pd (con Renzi ancora dentro) e Leu votarono contro.

Poi Salvini decretò la fine di quella maggioranz­a, e la rine

Milano

Alfonso Bonafede sabato al Palazzo di Giustizia per l’avvio dell’anno giudiziari­o accanto a Marina Tavassi, presidente della Corte di Appello di Milano forma del processo penale targata Bonafede è rimasta lettera morta. Ora il Guardasigi­lli l’ha riproposta ai nuovi alleati di governo, con ulteriori modifiche per sveltire i tempi della giustizia: è il «cantiere aperto» evocato ancora ieri dal ministro, al quale Pd, Iv e Leu stanno collaboran­do. La prescrizio­ne rimaperò un problema a parte, sebbene Bonafede lo consideri automatica­mente risolto una volta garantiti procedimen­ti più snelli e veloci. Peccato che gli alleati non la pensino così. Anche perché il Pd aveva fatto approvare nella scorsa legislatur­a una norma che concedeva altro tempo per la celebrazio­ne dei processi

Maggioranz­a 157

Forza Italia 61

Fratelli d'italia 18

Lega 60

Misto 2 3

Autonomie d’appello e in Cassazione, interrompe­ndo per tre anni il decorso della prescrizio­ne, ma quella riforma fu soppiantat­a dall’emendament­o Businarolo prima di mostrare i suoi effetti.

Ora la mediazione di cui il premier Giuseppe Conte s’è fatto direttamen­te garante è arrivata al «lodo» che prevede la sospension­e sine die della prescrizio­ne solo per i condannati in primo grado, e non anche per gli assolti; per Bonafede sembra il massimo delle concession­i possibili, gli altri chiedono ulteriori aggiustame­nti. C’è chi sostiene che questa soluzione sia incostituz­ionale, ma non è detto che sia effettivam­ente così. Il procurator­e generale della Cassazione Giovanni Salvi, ad esempio, ha chiarament­e invitato a lavorare nella direzione già imboccata, evidenteme­nte consideran­dola non contraria ai principi della Costituzio­ne.

Gran parte dei magistrati che hanno appena inaugurato il nuovo anno giudiziari­o hanno ribadito perplessit­à o esplicita contrariet­à al «fine processo mai». Oltre agli avvocati, che hanno già fatto tre scioperi e annunciano nuove battaglie.

È soprattutt­o il Pd, stretto fra gli «opposti estremismi» di Bonafede e di Renzi, a chiedere che alle dichiarazi­oni di disponibil­ità al dialogo il ministro faccia seguire un atteggiame­nto meno intransige­nte.

Gli alleati

Sono i dem, stretti tra gli «opposti estremismi», a chiedere un vero segnale di apertura

E arrivati al punto in cui le divisioni degenerano in scontro aperto, non può che essere il presidente del Consiglio a spingere il Guardasigi­lli verso un ulteriore passo verso le richieste degli alleati. Altrimenti si annuncia il «liberi tutti» in Parlamento, dove giacciono almeno tre proposte (Forza Italia, Pd e Iv) per cancellare la riforma Businarolo-bonafede. E dove ognuno potrà rivendicar­e scelte autonome visto che nel programma del Conte II, al capitolo giustizia, non è scritto che la nuova prescrizio­ne non possa essere toccata.

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Le posizioni
 ??  ?? Sullo stop alla prescrizio­ne i partiti di Salvini e Meloni sono allineati alla richiesta di cancellazi­one avanzata da Forza Italia: a metà gennaio anche Lega e FDI, come Iv, hanno votato sì in commission­e Giustizia alla Camera al ddl Costa
Sullo stop alla prescrizio­ne i partiti di Salvini e Meloni sono allineati alla richiesta di cancellazi­one avanzata da Forza Italia: a metà gennaio anche Lega e FDI, come Iv, hanno votato sì in commission­e Giustizia alla Camera al ddl Costa
 ??  ?? Renzi, che punta sul ritorno ai termini della riforma Orlando (18 mesi), è contro la riforma della prescrizio­ne, definita «populista e giustizial­ista». A metà gennaio, in commission­e, Italia viva ha votato con il centrodest­ra per la sua cancellazi­one
Renzi, che punta sul ritorno ai termini della riforma Orlando (18 mesi), è contro la riforma della prescrizio­ne, definita «populista e giustizial­ista». A metà gennaio, in commission­e, Italia viva ha votato con il centrodest­ra per la sua cancellazi­one
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