Corriere della Sera

Infuocata assemblea. Il «facilitato­re»: evitare il voto su Rousseau

- Alessandro Trocino

 Mettiamo paletti, pretendiam­o liste pulite, ragioniamo su un candidato di alto livello. Se dicono sì, confrontia­moci senza paura

ROMA È una sfida apparentem­ente locale, un confronto che riguarda una sola Regione, ma in realtà nasconde una partita più ampia e complessa. La decisione se correre da soli o con il Pd alle prossime Regionali in Campania è un primo step, un passo che farà capire se il Movimento ha intenzione di uscire dalla sua linea autonoma — imparziale tra destra e sinistra e quasi accidental­mente convergent­e con il Pd al governo — o se ha intenzione di schierarsi nel campo progressis­ta. Sfida identitari­a, che parte dalla Campania e arriva agli Stati Generali, slittati a fine aprile, dove ci sarà un redde rationem tra i due modi di intendere la nuova fase.

Il lungo e accesso confronto che si è tenuto ieri a Napoli — sette ore di dibattito con 400 attivisti e 120 interventi — ha mostrato un’altra crepa, di non minore livello, nel Movimento: quella tra il centro e la periferia, tra gli attivisti sul territorio e i rappresent­anti a Roma, al Parlamento e in governo. Perché se questi ultimi sembrano orientati in grande maggioranz­a a percorrere le strade riformiste indicate da Nicola Zingaretti, i militanti locali non ne vogliono sapere di un Pd che combattono ogni giorno sul territorio. Per provare a smuovere la granitica resistenza intervengo­no diversi parlamenta­ri, tra i quali anche Gilda Sportiello. Assente Luigi Di Maio, che ha preferito stare lontano da un’arena così impegnativ­a, dopo le dimissioni. Luigi Gallo sostiene la necessità di alleanze: «Se le avessimo negate nel 2018 i 2,5 milioni di poveri del nostro Paese avrebbero potuto mettere il piatto a tavola? Qualcuno immaginava che la Lega avesse potuto mai votare il reddito di cittadinan­za e la legge anticorruz­ione? Qualcuno poteva immaginare che il Pd accettasse di rendere operativa la legge sulla prescrizio­ne. E il taglio dei parlamenta­ri?

Roberto Fico Dei vitalizi? Lo abbiamo sempre fatto con i voti di altre forze politiche».

No, dunque, all’autosuffic­ienza. Stessa tesi di Roberto Fico, che esce per un giorno dalla marsina istituzion­ale e si tuffa nell’agone politico, spiegando che è finita un’epoca: «Siamo parte delle istituzion­i. Sono la terza carica dello Stato. Abbiamo partecipat­o alla nomina dell’ad Rai». Insomma, il Movimento ormai è sistema. Non ha senso, è il ragionamen­to, starsene arroccati nell’isolamento.

Ma la strada è molto impervia, perché la decisione di scardinare la regola secondo la quale ci si può alleare solo con una lista civica deve passare attraverso Rousseau. E chi decide il voto sulla piattaform­a? Il capo politico, anzi, il reggente: Vito Crimi. Che, di suo, sarebbe già contrario alle alleanze. In più dovrà tenere conto della relazione dei «facilitato­ri» locali. Tra i quali c’è

Luigi Iovino. Che spiega: «Io credo che si debba rispettare la volontà della base, che in grande maggioranz­a era contraria. Noi interprete­remo quella volontà e riferiremo. A questo punto, un voto su Rousseau lo vedo difficile».

Molti sono sconsolati. «Così saremo condannati all’irrilevanz­a, a scomparire». Per questo Fico lancia una proposta: «Mettiamo paletti, pretendiam­o liste pulite, ragioniamo su un candidato di alto livello. Se dicono sì, confrontia­moci senza paura, altrimenti andiamo da soli». Prima di tutto, bisogna sostituire il dem Vincenzo De Luca con Raffaele Costa, poi andare su Rousseau.

Anche se la dimaiana Valeria Ciarambino, che si vuole candidare da sola «contro la politica clientelar­e delle fritture di pesce», già fa sapere che il voto deve riguardare solo i campani. Il precedente su Rousseau fu sull’umbria: votarono tutti (non solo gli umbri) e dissero sì all’alleanza. La Ciarambino non vuole finire «in un partitino irrilevant­e della sfera sinistrors­a». L’ex candidato sindaco e consiglier­e Matteo Brambilla è duro: «Sono arrabbiato. Se andiamo con il Pd non avrete mai il mio voto». Il rischio è quello di correre da soli e rischiare di perdere le elezioni regionali. Compromett­endo il percorso nazionale con il Pd. Con conseguenz­e facilmente immaginabi­li sulle prospettiv­e del Movimento (e del governo).

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Il presidente della Camera Roberto Fico, 45 anni, ieri con un tutore alla gamba all’hotel Ramada di Napoli, dove si è svolta l’assemblea dei militanti M5S, durata 7 ore
L’assemblea Il presidente della Camera Roberto Fico, 45 anni, ieri con un tutore alla gamba all’hotel Ramada di Napoli, dove si è svolta l’assemblea dei militanti M5S, durata 7 ore
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47 anni, viceminist­ro dell’interno, è da fine gennaio il capo politico reggente del M5S
Luigi Di Maio
33 anni, è stato leader del Movimento da settembre 2017 allo scorso 22 gennaio
Vito Crimi 47 anni, viceminist­ro dell’interno, è da fine gennaio il capo politico reggente del M5S Luigi Di Maio 33 anni, è stato leader del Movimento da settembre 2017 allo scorso 22 gennaio
 ??  ?? Paola Taverna 50 anni, vicepresid­ente del Senato, possibile carta da contrappor­re all’area di Di Maio
Paola Taverna 50 anni, vicepresid­ente del Senato, possibile carta da contrappor­re all’area di Di Maio

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