Corriere della Sera

La setta dei fan che attacca tutti i «traditori»

- Da Des Moines (Iowa) Massimo Gaggi

La passione rivoluzion­aria di Bernie Sanders e le riforme economiche radicali di Elizabeth Warren contro Joe Biden e Pete Buttigieg che vogliono solo curare le ferite di un’america stremata e frastornat­a dalla presidenza Trump: Biden propone interventi modesti e promette di tornare a una politica basata sulla decenza e il rispetto reciproco. La ribellione, l’energia, la passione di Sanders colpiscono più della «forza tranquilla» di Biden e del «sindaco

Pete». Oggi, nei caucus che aprono la stagione delle primarie democratic­he, dovrebbe spuntarla Bernie col suo esercito di attivisti entusiasti e una task force internetti­ana, già collaudata contro Hillary Clinton quattro anni fa, che ha garantito a Sanders 10 milioni di follower su Twitter: più di quelli di tutti gli altri candidati democratic­i messi insieme. Ma i fan più determinat­i si sono trasformat­i in una setta decisa a spazzare via, con le buone o con le cattive, chi rifiuta il verbo sandersian­o. Non sono casi isolati: molti personaggi della sinistra che non amano il senatore del Vermont o hanno comunque scelto di sostenere altri candidati, hanno subìto molestie sistematic­he in rete, sono stati attaccati con linguaggio offensivo, violento, spesso sessista: donne insultate per l’aspetto fisico, moderati raggiunti — loro e anche i loro cari attivi online — da una tempesta di articoli che mettono in guardia dai subdoli pericoli del centrismo. Ad alcuni opinion leader che non appoggiano Sanders sono arrivate accuse di tradimento e minacce di morte: il New York Times ha scoperto che molti di loro adesso girano con la scorta. Di tanto in tanto Bernie condanna questi eccessi di bullismo digitale e li attribuisc­e a pochi esaltati, ma il fenomeno è vasto e organizzat­o: fin dal 2016 associazio­ni della sinistra radicale come i Justice Democrats si sono impegnate a trasferire la cultura di Big Data in quella che loro chiamano Big organizing: una poderosa macchina che studia l’elettorato e le figure di rilievo politico, archivia i loro dati e i canali d’accesso alle reti sociali loro e di amici e parenti. E, all’occorrenza, passa all’attacco bombardand­o di messaggi o diffondend­o minacce. Ai fan dello stile brutale di Trump si sta, insomma, contrappon­endo un esercito informatic­o di idee politiche opposte ma dalle maniere altrettant­o sbrigative e poco democratic­he. Mezzo secolo fa i ribelli della sinistra giustifica­vano gli eccessi ricorrendo a una massima di Mao: «La rivoluzion­e non è un pranzo di gala: non si può fare con serenità e cortesia, è un atto di violenza». Ci risiamo. Con un’aggravante, per i democratic­i. Secondo i sondaggi solo il 53% dei fan di Sanders sono disposti a votare un altro democratic­o alle presidenzi­ali. Anche qui tornano memorie antiche: i compagni della sinistra che non la pensano come te bollati come traditori. Un Trump che festeggerà la rielezione mentre la sinistra si consuma nella caccia al «nemico interno»?

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