Corriere della Sera

«Rinuncio all’eutanasia, ora sogno di andare a New York»

Stefano, malato di distrofia, aveva annunciato il viaggio in Svizzera: ho nuovi amici, vivrò con dignità

- Di Elvira Serra

Due mesi fa voleva morire. Oggi vuole vivere. E non è successo perché la distrofia facio-scapolo-omerale da cui è affetto da quando è nato sia regredita. Stefano Gheller, 47 anni, sa bene che nel futuro che lo aspetta non potrà più masticare, parlare, muovere un dito. Lo sa perché è quello che vede ogni volta che va a trovare sua madre Elisa in casa di riposo, 70 anni, lucida, ma ormai allettata, con la tracheotom­ia.

«A fine novembre ero determinat­o ad andare a morire in Svizzera, avevo già contattato la clinica Dignitas. Lo avevo deciso dopo che i ladri avevano tentato di entrarmi in casa mentre io ero dentro, da solo, e mi sono accorto di quanto fossi vulnerabil­e e di come le cose non sarebbero mai migliorate», racconta per telefono dalla casa popolare di Cassola, nel Vicentino, dove vive con la badante romena Ancuta. Quell’episodio fu lo spunto per un suo sfogo sul Giornale di Vicenza che fece il giro del web. «Ed è incredibil­e quante cose siano cambiate da quel giorno», prosegue. Su Facebook si è trovato rapidament­e con 1.500 amici, che non si sono rivelati solo virtuali: lo hanno invitato a 45 anni Stefano Gheller vive in una casa popolare di Cassola, nel Vicentino pranzo, a un concerto, uno addirittur­a a casa sua il giorno di Natale. «Lì sono andato con mia sorella Cristina, che ha 45 anni e la mia stessa malattia, pure lei è in sedia a rotelle».

Questo cordone di affetto gli è servito per fare il passo più importante: ricomincia­re a progettare. A partire dai sogni. «Ne ho tre: visitare New York, conoscere Madonna, andare all’arena di Verona a un concerto di Marco Masini». Per il primo è stata creata la pagina Facebook «La vita di Stefano Gheller»: presto lancerà una raccolta fondi anche su una piattaform­a online.

È stato prezioso pure l’interessam­ento del vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, che è andato a trovarlo a casa. «Non ho cambiato idea sul diritto all’eutanasia, ma ho accantonat­o quel pensiero: se riesco a vivere con dignità, vivere è molto meglio che morire», dice Stefano. Per riuscirci, deve fare comunque i conti con la realtà. «Prendo una pensione di invalidità di 290 euro, l’accompagna­mento di 550 euro, la reversibil­ità di mio padre di 200 euro, e la Regione Veneto mi dà 800 euro per la badante, che non copre un’assistenza h24». Cinque anni fa stava per sposarsi. «Avevamo già fissato la data, era stata lei a chiedermel­o. Avevo comprato l’abito, le bomboniere, mandato le partecipaz­ioni. Poi ci ha ripensato. La capisco, ma ho preferito allontanar­la». C’è ancora un futuro per lui, adesso. Lo scoprirà da solo.

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