SIRIA, LA GUERRA DIMENTICATA INFURIA ANCORA
Duecento bombardamenti in tre giorni, 700 mila rifugiati che si ritrovano di nuovo in fuga, cento morti in due settimane, undici vittime nell’attacco che gli aerei governativi appoggiati dai russi hanno scatenato su due costruzioni vicine e potete immaginare quanto strategiche: un pronto soccorso e una panetteria, come dire i vivi e i feriti, chi sfama e chi cura. Dopo nove anni di guerra, il campionario degli orrori siriani ci strappa ancora un lamento di stupore e costringe civili stremati all’ennesimo esodo senza meta. Il cerchio del vincitore Bashar al Assad si stringe sulla regione di Idlib, ultima roccaforte dell’opposizione, dove il tentativo di cessate il fuoco datato 12 gennaio non è mai stato rispettato. Le milizie di Hayat Tahrir al-sham (Hts), locali detentori del marchio Al Qaeda, guidano la lotta contro l’esercito, e questo basta a Damasco e Mosca per giustificare l’offensiva che vede 3 milioni di civili in prima linea. A 33 chilometri dal centro di Idlib è caduta Marat alnuman, nodo importante sull’autostrada tra la capitale e Aleppo.
Chi può, scappa. Chi ce l’ha, vende anche l’armadio per pagarsi un passaggio verso nord. È l’inviato speciale americano per la Siria James Jeffrey a denunciare i duecento attacchi in tre giorni. Il presidente turco Erdogan minaccia un intervento diretto contro i soldati di Assad «per salvare la popolazione». Sia Washington che Ankara sono tra gli attori della tragedia siriana, che fin dall’inizio ha devastato i civili, causando mezzo milioni di morti.
Accade spesso: quando il mondo guarda altrove (per esempio mentre impazza la febbre da coronavirus), i conflitti accelerano. E accelerano tanto più quanto i vincitori sentono l’odore della vittoria finale. Sono i momenti peggiori (e più dimenticati) di una guerra. Per ospedali e panetterie, i feriti e gli scampati, chi cura e chi scappa.