Se il politico progressista chiede aiuto alla filosofa
Confronto tra pensiero e azione nella commedia con Fabrice Luchini
Lei deve farmi pensare! La giovane Alice (Anaïs Demoustier) si sente rivolgere questa richiesta da Paul Théraneau (Fabrice Luchini), potente sindaco di Lione, e dopo pochissimi minuti il film di Nicolas Pariser ha già dimenticato ogni preambolo ed è entrato nel vivo del suo soggetto: cos’è (e cosa dovrebbe essere) la politica oggi.
Anzi, di preamboli praticamente non ne ha: come è successo che la trentenne Alice Heimann (laurea in lettere poi studi di filosofia, insegnata per qualche anno a Oxford) sia stata scelta e assunta dal sindaco di Lione non ci viene spiegato. Non è importante. Il film mette subito a confronto i due protagonisti e mostra le carte: dopo una vita per la politica dove aveva fatto carriera grazie alla forza delle sue idee innovative, Théraneau si sente «come una macchina sportiva che ha finito la benzina». La forza d’inerzia lo fa correre ancora ma la testa funziona sempre meno ed è per questo che, dopo aver scartato chi gli suggeriva la psicoanalisi o un tutor («ci ho annusato l’inganno, la volgarità dei nostri tempi») ecco la richiesta d’aiuto alla giovane «filosofa».
Qualche scena per spiegare meglio il mondo in cui si trova a lavorare Alice, con le gelosie dei colleghi, le zone d’influenza che ognuno presidia, le ritualità della politica (e una bella idea di regia: gli ambienti giganteschi che fanno sembrare Alice lillipuziana, ora strapieni di una folla vociante e anonima ora cupi vuoti). E poi subito diritti al confronto tra i due, con le idealità di Alice che devono fare i conti con la concretezza del sindaco. Ma senza lunghi e noiosi discorsi teorici: il confronto avviene sulle cose concrete, dentro agli impegni della vita politica — un discorso commemorativo, una riunione di gabinetto, un gruppo di lavoro — così da dare alle parole sempre un aggancio alla realtà.
A tenere tutto insieme il fatto che entrambi si muovano nell’area progressista (presto si scoprirà che il socialista Théraneau vorrebbe puntare all’eliseo) ma a dividerli c’è una diversa concezione dell’azione politica, dei mezzi ma soprattutto degli obiettivi da raggiungere. Autore anche della sceneggiatura (dopo un apprendistato cinefilo, tre corti politici e un film di fantapolitica, Le grand jeu, ancora inedito in Italia), in Alice e il sindaco Nicolas Pariser guida lo spettatore dentro i nodi di una politica che si vuole progressista, mettendo a confronto le tesi di Alice sulla necessità di una maggior modestia anche per fare chiarezza sulla scarsità delle risorse disponibili e quelle del sindaco, che non vuole abdicare a un’idea di progresso e di maggiori conquiste per tutti.
Ogni tanto entrano in scena possibili alfieri di questa o quella causa — l’ecologista visionaria (Maud Wyler), il populista insoddisfatto (Pascal Rénéric), il venditore di fumo (Thomas Chabrol, figlio del regista e di Stéphane Audran)
— e ogni tanto anche Théraneau mette a segno qualche stoccata (difficile dargli torto quando accusa gli intellettuali di inseguire ragionamenti rigorosi non come un mezzo ma come il loro solo fine).
Così, scena dopo scena, ne esce una riflessione sui limiti e le possibilità della politica come rarissimamente ho sentito in un film, rigorosa senza essere didascalica, stimolante senza essere superficiale, dove la cultura non è considerata un peso (rileggersi Rousseau, Orwell o Marc Bloch) e anzi aiuta a vedere il quadro generale delle cose, alzando la testa dalle tattiche quotidiane.
Un confronto tra pensiero e azione che si mette alla prova quando Alice e Théraneau scrivono insieme (filmati in un magistrale piano-sequenza) il discorso politico con cui il sindaco vorrebbe presentarsi all’assemblea socialista, dove si interroga sull’involuzione che ha trasformato i figli della Francia nei suoi nuovi insensibili padroni. E la straordinaria prova dei due protagonisti (con Luchini che si mette magistralmente al servizio del film e non viceversa, come spesso gli capita) ingigantisce il valore di un’opera che anche molti politici italiani farebbero bene a vedere. Io sono milanese e spero che il sindaco Sala non se lo faccia scappare, ma mi auguro che lo vedano in molti: nella settimana di Sanremo è l’antidoto perfetto.
Il protagonista si sente come una macchina sportiva che ha finito la benzina: per questo chiede aiuto a una giovane studiosa