Quei tre bambini deportati ad Auschwitz e la follia di Mengele
S postato di una settimana per far posto ai commenti sulle elezioni regionali, è andato in onda il documentario «Kinderblock. L’ultimo inganno», scritto da Marcello Pezzetti e diretto da Ruggero Gabbai (Rai1, domenica, ore 23.15).
È la storia di tre bambini ebrei: Sergio De Simone, nato a Napoli e morto in Germania, e delle due cugine, Andra e Tatiana Bucci, tra i pochi sopravvissuti (50 in tutto), a fronte dei 230 mila bambini morti nel lager. Le due hanno sette e cinque anni quando una notte di primavera del 1944, denunciati da un militante fascista, vengono arrestate dai nazisti. La famiglia Bucci è in casa: tutti vengono presi. Nonna Rosa, che sa già come finiranno le cose, s’inginocchia, si aggrappa alle gambe del soldato tedesco e lo implora di risparmiare i tre bambini. Con loro c’è infatti anche il cuginetto Sergio De Simone. Niente da fare, saranno tutti rinchiusi in una minuscola cella alla Risiera.
Nel giro di una settimana entrano nel Kinderblock 1 di Auschwitz-birkenau, il 4 aprile del 1944. E qui avviene l’impensabile, l’innominabile. Il dottor Josef Mengele, l’«angelo della morte», seleziona alcuni di questi ragazzi per iniettare loro il bacillo della tubercolosi e usarli come cavie, prima a Birkenau e dopo a Bullenhauser Damm, la scuola di Amburgo scelta come prigione. Alcuni sopravvivono agli esperimenti, ma finiscono tutti impiccati il 20 aprile 1945, per non lasciare tracce di quei terribili esperimenti. Tra loro c’è il cugino Sergio, cui Mengele aveva detto: «Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti».
Il passo lo aveva fatto, ma verso la morte. La testimonianza di Andra e Tatiana Bucci è di quelle ti lasciano senza fiato, come se non ci fossero parole per descrivere l’orrore. Mengele non era un criminale isolato, alle sue spalle aveva la comunità scientifica tedesca che vedeva in lui un brillante ricercatore e faceva a gara per collaborare.