Corriere della Sera

LA SICUREZZA NECESSARIA

- di Dario Di Vico

Il tragico incidente di ieri mattina a Lodi ha causato la morte di due macchinist­i che stavano facendo il loro lavoro. E avrebbe potuto provocare un bilancio ancor più cruento in termini di vite umane spezzate. È il primo deragliame­nto di un treno dell’alta velocità e anche per questo motivo ci sarà bisogno che il processo di accertamen­to delle cause e delle responsabi­lità sia particolar­mente accurato.

Primi riscontri che vengono dagli inquirenti rimandano ad errori compiuti durante la manutenzio­ne notturna, vedremo se saranno confermati e quali contromisu­re i gestori della rete ferroviari­a adotterann­o per evitare qualsiasi tipo di bis. Dopo la drammatica vicenda del Ponte Morandi siamo entrati, nostro malgrado, nella stagione della fragilità delle infrastrut­ture, ma nel caso di Lodi non ci sono neanche eventi atmosferic­i o cause esterne che abbiano congiurato a originare il disastro, tutto va ricondotto a quella che dovrebbe essere l’ordinaria gestione del traffico. Ma se per quanto riguarda gli errori umani dei macchinist­i esistono tutta una serie di sistemi automatici e di tecnologie avanzate che li rendono pressoché impossibil­i, evidenteme­nte nel caso della manutenzio­ne della rete non è ancora del tutto così.

Arendere più inquietant­i i primi bilanci sull’incidente non ci sono solo il cordoglio per le vittime e i dubbi sulle presunte inefficien­ze ma anche la consideraz­ione, non ultima, di come l’alta velocità rappresent­i uno dei rari casi di successo dell’iniziativa pubblica italiana degli ultimi dieci anni. In queste ore di doloroso lutto va detto che i treni veloci hanno cambiato il Paese. O almeno quella parte dell’italia che può beneficiar­ne (20 milioni di abitanti). Secondo i dati forniti dal professore Ennio Cascetta, uno dei pionieri dell’alta velocità italiana, riportati il 30 gennaio scorso dal Sole 24Ore, le città dotate di stazioni AV avrebbero visto crescere il proprio Pil nel decennio 2008-18 del 10% contro il 3% delle province che sono distanti più di due ore da una fermata. Si calcola poi che i 43 milioni di spostament­i su Alta velocità conteggiat­i nel 2017, ultimo dato disponibil­e, siano stati per il 40% aggiuntivi. E si spiegano, infatti, con un’integrazio­ne dei mercati territoria­li del lavoro — almeno nella fascia alta — e più in generale con un diverso orientamen­to delle scelte di residenza e mobilità di molte famiglie.

Il successo è stato così ampio che sul versante della domanda ci sarebbero le condizioni per autorizzar­e un terzo gestore dopo Trenitalia e Italo, senonché è l’offerta infrastrut­turale (ancora una volta!) a rendere difficile l’allargamen­to perché segnata da alcuni colli di bottiglia, in primis il nodo di Firenze. Non ultima consideraz­ione da ricordare, l’alta velocità è un esempio, dal punto di vista sistemico, dei vantaggi della concorrenz­a perché ha saputo produrre pluralismo, competizio­ne e riduzione dei prezzi. Occorre

quindi il massimo dell’attenzione per evitare di compromett­ere questo patrimonio di esperienze, specie in un Paese che le occasioni di sviluppo tende a sprecarle.

Non possiamo permetterc­i di armare, le une contro le altre, le ragioni della sicurezza e quelle della crescita. In altri termini e con un’altra posta (la salute dei tarantini) questo conflitto l’abbiamo già vissuto e pagato nel caso Ilva. Le indagini, quindi, dovranno sgombrare il terreno dai dubbi e dagli interrogat­ivi di queste ore perché avremmo bisogno di «più Tav». Se infatti l’alta velocità (esistente) con il suo successo ha ampliato le differenze tra le «città aperte» e quelle «dimenticat­e», l’antidoto sarebbe quello di sostenere e finanziare i programmi di completame­nto della rete. A condizione però di non archiviare Lodi e il tragico prezzo di vite umane che abbiamo pagato.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy