Corriere della Sera

Il primo italiano contagiato

Ricercator­e, 29 anni, è uno dei rimpatriat­i da Wuhan. La febbre, poi il test

- R. Fr.

Il primo italiano contagiato dal coronaviru­s cinese. L’allarme arriva dalla Cecchignol­a, dove un caso sospetto tra i 56 italiani rientrati da Wuhan, e in osservazio­ne nella città militare alla periferia di Roma, ieri pomeriggio è stato prima trasferito in isolamento all’ospedale Spallanzan­i e in serata è risultato positivo. La conferma dalle analisi condotte sui tamponi. Si tratta di un giovane ricercator­e emiliano, 29 anni, che in Cina, a Wuhan, si era fermato solo un giorno e che non avrebbe avuto contatti con altri italiani.

Emiliano, 29 anni, ricercator­e. A Wuhan era rimasto un giorno solo. È bastato perché fosse contagiato dal coronaviru­s. È il primo italiano affetto dalla malattia ncov2019. Un pugno nello stomaco, al termine di una giornata di tensione dopo che il giovane era stato prelevato dal centro sportivo dell’esercito nella città militare della Cecchignol­a da personale con tuta isolante e accompagna­to in isolamento nella IV divisione dell’ospedale Spallanzan­i, specializz­ato in malattie infettive e centro di riferiment­o nazionale per l’emergenza coronaviru­s.

Una febbre non molto alta e un problema agli occhi – simile a quello che affligge la donna cinese ospite dell’hotel Palatino, ora in terapia intensiva con il marito sempre allo Spallanzan­i – avevano fatto temere il contagio. Poi il primo test aveva confermato quest’ipotesi. In serata l’incubo si è materializ­zato con il secondo test: l’istituto superiore di sanità ha comunicato alla task force del ministero della Salute l’esito positivo di conferma del coronaviru­s. Il paziente è ricoverato «con modesto rialzo termico e iperemia congiuntiv­ale».

Non aveva sintomi

Una svolta, purtroppo negativa, nel coinvolgim­ento dell’italia nella lotta al contagio. Il 29enne infatti è uno dei 56 connaziona­li rimpatriat­i solo lunedì scorso da Wuhan con un volo speciale dell’aeronautic­a. In quel momento non presentava sintomi e tutti gli accertamen­ti medici ai quali era stato sottoposto erano negativi. Per questo motivo, al contrario ad esempio del 17enne di Grado tuttora in Cina che aveva qualche linea di febbre (si è poi scoperto solo per una normale influenza), era stato accettato a bordo del Boeing sul quale con medici e militari c’era anche il sottosegre­tario alla Salute Pierpaolo Sileri.

La visita in Italia

Il gruppo era poi giunto a Roma dopo 12 ore di volo e sottoposto a una visita medica preliminar­e nell’ospedale da campo attrezzato in un hangar. Anche allora, altrimenti sarebbe scattato subito il trasferime­nto allo Spallanzan­i, il ragazzo era in buone condizioni di salute, anche se come tutti gli altri lo aspettava la quarantena alla Cecchignol­a. Dall’aeroporto militare di Pratica di Mare era stato portato con gli altri rimpatriat­i alla Cecchignol­a con pullman guidati da autisti con le mascherine e con i sedili avvolti nel cellophane, scortati da personale medico con le tute. Per nessuno di loro era stato necessario il bio contenimen­to, proprio perché così sembrava non c’erano sintomi particolar­i.

I primi sintomi

Purtroppo non era così. Sembra

che ieri mattina il giovane ricercator­e non stesse male, o comunque non presentass­e sintomi evidenti del contagio. A pranzo però non ha partecipat­o come sempre al ritiro del pasto nel locale comune allestito al pianterren­o delle due palazzine alloggi degli atleti dell’esercito riservate adesso agli italiani in quarantena, che hanno l’obbligo di indossare sempre mascherine e guanti protettivi quando si trovano insieme. È stato uno choc. Adesso non si escludono controlli e quarantena anche per tutti coloro che hanno partecipat­o all’operazione di rimpatrio in Cina e per chi ha avuto contatti con gli italiani al loro ritorno a Roma.

Rischi del contagio

«Credo che la probabilit­à di contagiare altri sia bassissima», ha commentato il direttore del reparto Malattie infettive dell’istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza. «Qui dobbiamo essere vigili - ha sostenuto - tenere altissima l’asticella della vigilanza. Anche se la battaglia vera si può vincere solo in quelle zone». Lo stesso Rezza, intervista­to su Rete4 ha poi sottolinea­to: «È il primo caso italiano ma era un italiano che viveva a Wuhan. Nel momento in cui si è deciso di rimpatriar­e i 56 italiani sono state prese tutte le precauzion­i possibili proprio perché non era una ipotesi da escludere». «La quarantena di 14 giorni - ha poi spiegato l direttore del reparto Malattie infettive dell’istituto Superiore di Sanità - era stata stabilita proprio per questo motivo». E, comunque, ha concluso, il ricercator­e si è infettato «mentre stava in Cina».

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