«Qui dormiva da solo Pochissimi contatti»
Il timore è che ora la quarantena possa allungarsi per tutti
Sono ancora in quarantena alla caserma Cecchignola a Roma. Sono gli italiani rimpatriati da Wuhan. Tra loro c’è anche il giovane di 29 anni che da ieri sera è il primo italiano ad essere stato contagiato dal coronavirus. «Ma qui dormiva in una stanza singola e con noi non ci sono stati molti contatti», dicono gli altri ospiti della struttura.
Si sono visti all’aeroporto di Wuhan nella giornata di domenica scorsa, poi hanno volato insieme fino a Roma sul Boeing dell’aeronautica. E hanno viaggiato sul pullman che da Pratica di Mare ha accompagnato tutti i connazionali rimpatriati alla Cecchignola. «Ma qui dormiva in una stanza singola e con noi non ci sono stati molti contatti».
A confermarlo sono alcuni degli italiani ospiti della struttura sportiva militare dove stanno passando la quarantena. La notizia della positività del compagno di disavventura al coronavirus è piombata nelle due palazzine isolate da personale sanitario e militare. Il timore di tutti, oltre a quello di essere anche loro contagiati - visto che solo fino a mercoledì scorso il ricercatore 29enne sembrava stare bene e le analisi erano a posto -, è che a questo punto proprio la quarantena possa allungarsi, visto che i sintomi si sono presentati solo ieri e che secondo i medici il coronavirus può essere trasmesso da soggetti con malattia conclamata, e non prima. Un fulmine a ciel sereno, anche per gli stessi studiosi che stanno seguendo il decorso della quarantena degli italiani portati via dalla Cina con un’operazione di massima sicurezza sotto il profilo della prevenzione sanitaria. Fino a ieri non c’era stato alcun problema.
«Non userei termine primo italiano o cinese - spiega il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri -. Si tratta di un connazionale che era a Wuhan, a rischio esattamente come chiunque altro che risiede nella provincia di Hubei. Non è un italiano che si trovava in Italia. C’è il medesimo rischio dei viaggiatori provenienti da quella zona. Avere un tampone positivo può significare prima di tutto che stia incubando, che stia per avere sintomi, che ha avuto la malattia e ne sia uscito. Lo spettro è ampio: ora rimarrà in osservazione e vedremo decorso. Se dovesse sviluppare malattia e quindi intendo sintomi, significa che 10-14 giorni prima è stato contagiato. I connazionali sono in quarantena, protetti e controllati, senza contatti con l’esterno, perciò una seconda generazione di contagio», conclude il sottosegretario.
I quattro giorni di permanenza nella città militare sembravano essere filati via lisci negli spazi autorizzati dal protocollo medico, sempre protetti da mascherine e guanti, con frequenti lavaggi delle mani, come ricordato da più parti, anche negli alloggi, da cartelli in italiano e in cinese. Adesso per loro i tempi potrebbero allungarsi, visto che non si esclude il ricorso ad altri 14 giorni per capire se qualcuno degli ospiti è stato contagiato dal ragazzo ricoverato allo Spallanzani.
Il sottosegretario Sileri: «Era a rischio esattamente come tutti coloro che vivono nella provincia di Hubei»