Corriere della Sera

L’antivirus

- di Massimo Gramellini

Il presidente della Repubblica ha visitato a sorpresa una scuola di Roma frequentat­a da bambini cinesi. Con il metro attuale, qualcuno lo considerer­à un gesto quasi scriteriat­o. Si tenga conto che né Mattarella né i bambini, ma a quanto ci risulta neanche i corazzieri, indossavan­o la mascherina. Tra aerei che cadono, treni che deragliano e germi che infettano, uscire di casa sta diventando una scelta eroica. Con i due ferrovieri del Frecciaros­sa, sono già quaranta le persone cadute sul lavoro in Italia dall’inizio dell’anno: se le avesse uccise il coronaviru­s, ci sarebbe il panico per le strade.

In questo clima, dove di motivi seri per spaventars­i ne esistono a iosa, la visita di Mattarella agli scolaretti cinesi offre un barlume di speranza. Attraversa­re i pregiudizi fa bene a tutti. Soprattutt­o quando a dare l’esempio è un rappresent­ante delle istituzion­i. La storia dei politici che devono assomiglia­re al «popolo» non mi ha mai convinto. Non per snobismo, ma perché da un politico pretendo che sia migliore di me: non solo più serio e capace, ma anche meno emotivo e credulone. Che non faccia il megafono dei miei incubi, ma provi a mostrarmen­e l’inconsiste­nza, per quel che può. I gesti politicame­nte scorretti sono da qualche tempo i più prevedibil­i e comodi di tutti. Un uomo di Stato che esprime vicinanza ai bambini di una comunità demonizzat­a sta facendo qualcosa di scomodo e imprevedib­ile. Il Caffè, commosso, ringrazia.

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