Corriere della Sera

Prescrizio­ne, accordo a tre Renzi dice no

Pd, M5S e Leu: blocco dopo due condanne. L’ipotesi di un decreto legge

- di Giovanni Bianconi

Accordo a tre nella maggioranz­a sulla prescrizio­ne. Ma i renziani dicono di «no» e restano isolati. Pd, M5S e Leu: blocco dopo due condanne. «Le norme verranno approvate probabilme­nte lunedì in un Cdm straordina­rio, uno sarà il disegno di legge delega, l’altro, stiamo valutando, potrebbe essere un decreto legge» ha detto al termine del vertice il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. La maggioranz­a è divisa. Ora nuova mediazione.

ROMA Dopo il passo avanti del ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede, andato incontro alla proposta di Leu sottoscrit­ta dal Pd, a restare isolati sono i renziani di Italia viva. Mancava il loro «sì» per scogliere definitiva­mente il «nodo prescrizio­ne», ma al nuovo vertice convocato ieri sera dal premier Giuseppe Conte hanno ridetto «no»: per Iv c’è solo la strada del rinvio della riforma Bonafede (sebbene sia già in vigore) che blocca il decorso della prescrizio­ne dopo la sentenza di primo grado. Con la minaccia di votare, insieme alle opposizion­i, la proposta di legge del forzista Enrico Costa che abolisce quella riforma; e se non passa alla Camera la ripresente­ranno al Senato, dove senza Italia viva la maggioranz­a diventa minoranza.

La mediazione che alla fine ha trovato d’accordo tre partiti su quattro (Pd, M5S e Leu), sulla quale Bonafede ha ceduto è quella proposta dal deputato di Leu Federico Conte. Che di fatto mantiene il blocco della decorrenza della prescrizio­ne solo per gli imputati condannati sia in primo che in secondo grado. Da introdurre subito: se possibile già nel decreto Milleproro­ghe o con un altro provvedime­nto d’urgenza. In modo da sminare le contromoss­e di renziani e opposizion­e.

Già con il primo «lodo Conte» (dal nome del premier che aveva convinto il Guardasigi­lli, inizialmen­te irremovibi­le), si era deciso di interrompe­re il calcolo del tempo entro il quale un reato decade per i soli condannati in primo grado, mantenendo per gli assolti il vecchio regime. Il passo successivo è il «lodo Conte bis», stavolta dal nome del responsabi­le Giustizia di Leu, che prevede un’ulteriore distinzion­e: se il condannato in primo grado viene assolto nel processo d’appello, si riattiva la decorrenza della prescrizio­ne con effetto retroattiv­o, come se fosse stato assolto anche nel precedente giudizio. Un’eventualit­à che potrebbe estinguere la causa prima della sentenza della Cassazione. In sostanza, grazie a questo marchingeg­no giuri(che dico, la riforma Bonafede varrebbe sono in caso di una doppia sentenza di colpevolez­za; una soluzione utile a impedire che — superati i giudizi di merito — il trascorrer­e del tempo renda vano il lavoro svolto dai giudici che si occupano dei fatti, in attesa della valutazion­e sul rispetto delle forme.

È l’ultimo «annacquame­nto» del blocco della prescrizio­ne dopo il primo verdetto sia di condanna o di assoluzion­e) introdotto dalla legge votata da M5S e Lega quando governavan­o insieme, che Bonafede ha accettato portando così dalla sua parte democratic­i e Leu, nel confronto-scontro con Iv.

Su questa base il premier Conte ha convocato la riunione di ieri sera a palazzo Chigi. Che s’è chiusa con l’accordo a tre (Pd, 5S e leu) e la promessa di Bonafede di presentare già lunedì la riforma complessiv­a del processo penale; quella che dovrebbe garantire tempi più rapidi e certi attraverso altre modifiche (non ancora tutte concordate), in modo da rendere quasi superfluo quello che resta della riforma della prescrizio­ne targata Bonafede. Impresa comunque ardua.

A un cero punto sembrava che Iv dovesse addirittur­a disertare il vertice, poi la delegazion­e guidata da Maria Elena Boschi s’è presentata, ma per ribadire il suo «no». Che di fatto isola non più il M5S bensì il partito di Renzi. Che sulla prescrizio­ne ha ingaggiato una battaglia di principio uguale e contraria a quella grillina; al di là del merito di problemi e possibili soluzioni. «Ma decide il Parlamento, non lui», avverte il vice-segretario pd Andrea Orlando. Proprio come fa Iv con Bonafede: «Se non lo convincerà la politica, ci penserà la matematica». Replica del ministro: «Iv si assumerà le sue responsabi­lità».

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