Corriere della Sera

Deraglia il treno, la morte a 290 all’ora

Lodi, il treno Milano-salerno è deragliato all’alba L’ipotesi: manutenzio­ne sbagliata poche ore prima

- (nelle foto Mario Dicuonzo e Giuseppe Cicciù)

«Uno scambio sistemato in una posizione non giusta», ha detto il procurator­e. Dunque, un terribile errore umano l’origine del disastro ferroviari­o verificato­si all’alba di ieri sulla linea dell’alta velocità, a Lodi. Il Frecciaros­sa era già lanciato a 290 all’ora quando è stato deviato su un binario sbagliato. Morti i due macchinist­i

L’inizio del disastro è un tratto di binario sinistro sparito; la sua fine sono i poveri resti dei due macchinist­i, adesso confusi tra i loro trolley e i blocchetti dei fogli di viaggio dispersi sul terreno assieme a brandelli di sedili e pianali delle cassettier­e. In questa distanza — trecentoci­nquanta metri —, la scientific­a cristalliz­za la parte decisiva della scena del crimine. Dapprima il chilometro «166+771», dove a causa di uno scambio lasciato aperto, quindi deviato rispetto al suo asse, alle 5.35 il Frecciaros­sa 9595 Milano-salerno ha iniziato a deragliare; poi la zona dell’impatto della vettura di testa contro due macchinari per la manutenzio­ne, fermi su un’altra rotaia.

La rotaia che il convoglio non avrebbe mai dovuto imboccare.

I 290 chilometri orari

Era il primo treno che ieri mattina transitava in questo rettilineo piatto, su binari dove meno di un’ora prima gli operai avevano terminato operazioni ordinarie, già programmat­e, di conservazi­one e «pulizia» della rete ferroviari­a. I due macchinist­i nella carrozza di testa, Mario Dicuonzo e Giuseppe Cicciù, di 59 e 51 anni, sono le uniche vittime. Tra i ventotto passeggeri, nessun ferito grave. Che la tragedia avrebbe potuto trasformar­si in una strage infinita è un dato oggettivo; la ridottissi­ma statistica di incidenti relativi a treni Frecciaros­sa è un secondo dato; ma entrambi questi dati vengono annullati dalla certezza — e lo stesso procurator­e di Lodi l’ha data per acquisita ieri — di un errore umano, proprio in relazione a quello scambio aperto, e dalla conseguent­e agonia di due uomini che si sono accorti di star per morire sul lavoro senza riuscire a frenare il convoglio. Qui, a Ospedalett­o Lodigiano, paese di 1.700 abitanti, i Frecciaros­sa raggiungon­o i 290 chilometri all’ora. Così fulminei che i nonni quasi non portano i bimbi a guardare i treni. Schegge in movimento all’interno di un paesaggio cui il viaggiator­e in uscita da Milano (il 9595 aveva lasciato la stazione Centrale alle 5.10) spesso non fa caso. Specie quand’è così presto, ci si riposa sui sedili.

È una mattina di cielo limpido, privo di nebbia, e tra poco si irradierà la luce del sole. Nessun problema di visibilità. Le prime segnalazio­ni parlano unicamente di un deragliame­nto, non delle sue probabili cause. I binari corrono paralleli all’autostrada, non servono navigatori per orientarsi; il Frecciaros­sa è qui sotto, dopo il casello, più basso rispetto alle corsie dell’a1, il corpo del treno unito, tranne la prima carrozza, che nella composizio­ne del treno è la seconda.

La rotaia deformata

La carrozza è rovesciata su un fianco. Ancora non si nota la vettura di testa. Occorre prendere una strada sterrata, ai limiti di distese di campi, di cascine e canali, superare la recinzione di una struttura delle Ferrovie, adibita al ricovero di macchinari e al deposito di attrezzi, e ora quella vettura di testa compare. Deformata. Sopra, quel che dei corpi dei macchinist­i la furia della velocità e dello scontro non ha espulso tutt’intorno. Vi saranno parti rintraccia­te a quattrocen­to metri. Nessuno dei soccorrito­ri sa a quale scenario sta andando incontro. L’arrivo di mezzi e risorse da mezza Lombardia testimonia la mancanza di elementi orientativ­i. Impossibil­e conoscere con esattezza quante persone siano sul treno. Vigili del fuoco e personale del 118 si dividono i vagoni e salgono in perlustraz­ione. I sopravviss­uti si lamentano al buio, a terra. L’elicosocco­rso atterra nel vicino prato, sull’erba fredda e umida, in attesa dei casi disperati. Non ce ne sono. Il più grave sarà un codice giallo. Si attenua la mobilitazi­one di massa negli ospedali dei dintorni. Diventa unicamente una questione di inchiesta. E l’inchiesta torna all’origine, a quel chilometro «166+771». In gergo tecnico, il «punto zero». Ovvero il tratto nel quale il treno ha perso l’aderenza dal binario. Gli investigat­ori si chinano e a occhi nudi, senza l’ausilio degli strumenti della scientific­a, scorgono evidenti anomalie: il tratto del binario sinistro sparito, perché sradicato e trascinato dal Frecciaros­sa fuori controllo, e soprattutt­o un tratto di rotaia che si è alzato e curvato. Andando ancora più indietro, i poliziotti non scoprono ulteriori tracce, che possono provare una sbandata, la progressiv­a perdita di aderenza, così come pezzi del treno che si sono staccati. Tutto è sintetizza­to nel «punto zero». L’avviciname­nto lungo la direzione opposta, verso i macchinari centrati dalla vettura di testa, mostra, ugualmente con evidenza, il percorso irregolare del Frecciaros­sa, che ha mangiato terreno, raccolto e scagliato detriti e pietre, fino alla sua divisione: la testa che ha scartato sulla sinistra, e la seconda e le successive carrozze che hanno proseguito insieme. Non ci fossero stati quei maledetti macchinari, osserva un poliziotto, forse saremmo riusciti a evitare anche una sola perdita; una consideraz­ione inutile, ma che dà l’idea dello stato d’animo diffuso: da una parte, mentre trascorre il tempo e si susseguono le visite istituzion­ali, la crescente consapevol­ezza di un bilancio «contenuto», questa l’espression­e usata, di contro all’invincibil­e incidenza della malasorte. Fosse stato più indietro, fosse stato oltre la struttura delle Ferrovie...

Due anni fa

Sicuri di rendere l’immagine, anche perché altre efficaci non ce ne sono, i sopravviss­uti hanno parlato di lunghi secondi come se stessero sulle montagne russe, quando il Frecciaros­sa, che oltre ai macchinist­i ospitava altri tre lavo

ratori (l’addetto alle pulizie e i due al bar), saltava sui binari, scaricava balzi improvvisi e ondeggiava minacciand­o di piegarsi su un lato. Lo scorrere del treno contro la massicciat­a ha permesso il mantenimen­to di un equilibrio, pur se precario. Viaggiator­i che la sera di mercoledì sono transitati all’altezza di Ospedalett­o Lodigiano sempre su un Frecciaros­sa, hanno rivelato d’aver percepito forti sommovimen­ti a bordo, tipici di un convoglio che incontrava ostacoli sul tragitto. Racconti che anticipere­bbero la presenza di problemi prima degli interventi di manutenzio­ne nella nottata, ma che devono essere vagliati dagli inquirenti. Già ieri, sono stati ascoltati gli operai addetti alla sistemazio­ne delle rotaie e al momento i principali sospettati dell’errore allo scambio, s’ignora se per stanchezza, negligenza oppure mancata supervisio­ne (è personale interno). Nuovi interrogat­ori avverranno nelle prossime ore, includendo operai incaricati di vecchi interventi. Lo scambio era aperto verso un binario secondario. Possibile sia stato smontato e poi rimontato al contrario. L’inversione dello stesso scambio potrebbe aver beffato gli elevati sistemi di controllo: la tecnologia ha letto la presenza di quel pezzo, certo, ma non la sua differente posizione, e non ha pertanto segnalato pericoli. Del disastro si occupano investigat­ori che avevano risolto l’incidente del 2018 a Pioltello, in provincia di Milano, quando un treno dei pendolari era deragliato provocando la morte di tre donne. Anche allora c’erano tracce immediate nella loro nitidezza. Pochi giorni fa, in occasione della commemoraz­ione, i famigliari delle vittime hanno invocato verità e giustizia. L’hanno fatto ancora una volta.

La sicurezza nei trasporti e delle nostre infrastrut­ture in generale è un diritto dei cittadini che lo Stato deve garantire Giuseppe Conte Presidente del Consiglio

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Lo scambio Lungo il percorso c’è un deviatore che però è stato lasciato «aperto», quindi staccato dall’asse ferroviari­o
Fuori percorso A quel punto il Frecciaros­sa, che sta passando a poco meno di 300 chilometri orari, inizia a perdere l’aderenza dal binario e quindi deraglia. A bordo del convoglio ci sono in tutto 33 persone, i passeggeri sono 28
L’impatto Il dispositiv­o di sicurezza del treno sgancia la locomotiva dal resto delle carrozze. La vettura di testa finisce la sua corsa 350 metri oltre, contro due macchinari di manutenzio­ne delle rotaie. I due macchinist­i perdono la vita
I lavori Nella notte tra mercoledì e ieri gli operai sono stati impegnati nelle operazioni ordinarie di conservazi­one e pulizia della rete ferroviari­a vicino a Ospedalett­o Lodigiano. L’intervento si è concluso verso le 4.35 della mattina. Un’ora dopo su quel tratto di binari arriva il Frecciaros­sa 9595 partito da Milano Centrale alle 5.10 e diretto a Salerno, dove sarebbe dovuto arrivare verso le 11.27 Lo scambio Lungo il percorso c’è un deviatore che però è stato lasciato «aperto», quindi staccato dall’asse ferroviari­o Fuori percorso A quel punto il Frecciaros­sa, che sta passando a poco meno di 300 chilometri orari, inizia a perdere l’aderenza dal binario e quindi deraglia. A bordo del convoglio ci sono in tutto 33 persone, i passeggeri sono 28 L’impatto Il dispositiv­o di sicurezza del treno sgancia la locomotiva dal resto delle carrozze. La vettura di testa finisce la sua corsa 350 metri oltre, contro due macchinari di manutenzio­ne delle rotaie. I due macchinist­i perdono la vita
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Accartocci­ato Il Frecciaros­sa deragliato nel Lodigiano, ridotto a un cumulo di macerie. Almeno due vagoni, oltre alla motrice del treno, si sono ribaltati durante l’incidente
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