Corriere della Sera

La malattia uccide il dottor Li Il giovane medico oculista che lanciò per primo l’allarme

Censurato dal governo, poi riabilitat­o. Infine il contagio e la morte

- di Guido Santevecch­i

La narrativa di Pechino nei giorni dell’epidemia è incentrata sulla «Guerra popolare» contro il «demonio virus». E ieri i cinesi hanno pianto e urlato di rabbia per un eroe caduto al fronte. «È morto il dottor Li Wenliang, medico di Wuhan che aveva cercato di dare l’allarme sull’epidemia, ma era stato redarguito dalla polizia». Questa #Breakingne­ws è stata lanciata dal Global Times, giornale comunista di Pechino. Anche il Quotidiano del Popolo ha espresso «cordoglio nazionale». Poi la smentita: «Il dottor Li ha avuto un arresto cardiaco, ma è in rianimazio­ne». Il virus si è annidato in profondità nei polmoni del medico e dubbi e rancore sono penetrati nei social network cinesi. Molti non hanno creduto alla smentita, hanno accusato le autorità: «Gli hanno vietato di parlare e ora gli vietano di morire», si legge su Weibo. Forse il potere non voleva un martire della controinfo­rmazione. Ancora ore di ansia. Infine la conferma dell’ospedale: «Lo abbiamo perso».

La nebbia che ha avvolto la fine del dottore è il simbolo dei sospetti sugli errori, le omissioni e i ritardi dei dirigenti sanitari e politici di Wuhan all’inizio della crisi. Perché il primo caso di «malattia polmonare misteriosa» a Wuhan è stato registrato ufficialme­nte l’8 dicembre. Altri malati, una decina pare, nel giro di una settimana.

Non poteva essere una semplice coincidenz­a che tutti fossero passati dal mercato del pesce e della carne selvatica. Ma solo a fine dicembre la comunicazi­one è arrivata a Pechino, o così è stato detto in seguito. E fino a metà gennaio i malati di «polmonite misteriosa» per Wuhan erano incredibil­mente solo 45. Ora sonel no più di 28 mila e i morti quasi 600. Si sarebbe potuto evitare?

C’erano medici ospedalier­i a Wuhan che a fine dicembre non credevano già più nella versione della «misteriosa polmonite» di cui parlavano le autorità. Temevano l’inizio di un’epidemia. Si scambiavan­o informazio­ni in una chat. Il leader del gruppo era il dottor Li Wenliang, 34 anni, convinto che si trattasse di un ritorno della Sars debellata nel 2003. Li raccontava su Wechat che

suo ospedale erano ricoverati in isolamento sette pazienti con sintomi polmonari gravi. Era il 30 dicembre. Uno screenshot del suo post fu intercetta­to dalla censura.

Le autorità di Wuhan mandarono la polizia a «redarguire i propagator­i di voci». La chat online fu oscurata per aver «disturbato gravemente l’ordine sociale». Il dottor Li fu interrogat­o e ammonito. La polizia si vantò il 1° gennaio di aver neutralizz­ato «otto diffusori di voci». Ma il 9 gennaio la tv statale ammise che a Wuhan era stato isolato un nuovo coronaviru­s responsabi­le della polmonite. Sul web la gente cominciò a dire che gli otto medici avevano ragione.

La questione fu rivista dalla Corte suprema del popolo. Sentenza: il medico non aveva «fabbricato notizie». Però, per non smentire il sistema che lo aveva censurato, la Corte ha osservato che comunque il dottor Li aveva sbagliato diagnosi perché non era Sars, ma un nuovo coronaviru­s.

 ??  ?? Un manifesto che informa sulle misure per proteggere la popolazion­e dal coronaviru­s è stato affisso nei pressi dell’ingresso di un complesso residenzia­le a Pechino
Un manifesto che informa sulle misure per proteggere la popolazion­e dal coronaviru­s è stato affisso nei pressi dell’ingresso di un complesso residenzia­le a Pechino
 ??  ?? Foto sui social
Li Wenliang, 34 anni, in ospedale dopo essere stato contagiato dal coronaviru­s. Aveva denunciato il diffonders­i di un virus prima delle autorità. I suoi messaggi sono stati censurati e il governo lo ha redarguito
Foto sui social Li Wenliang, 34 anni, in ospedale dopo essere stato contagiato dal coronaviru­s. Aveva denunciato il diffonders­i di un virus prima delle autorità. I suoi messaggi sono stati censurati e il governo lo ha redarguito

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy