Corriere della Sera

Attacchi agli israeliani, la risposta» di Hamas

Gli estremisti palestines­i contro il piano Trump. Tre episodi, 14 militari feriti tra Gerusalemm­e e Cisgiordan­ia

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini

Il gruppo di soldati israeliani cammina nel buio, illuminati dalla luce dei lampioni come un bersaglio. Dalla vecchia stazione dei treni diventata zona di bar e discoteche vogliono raggiunger­e il Muro del Pianto. L’attentator­e arriva alle spalle, scaglia l’auto sul marciapied­e, almeno 14 militari restano feriti, uno è in gravi condizioni.

Quello nella notte è solo il primo attacco. Poco prima di mezzogiorn­o, un assalitore si avvicina a una pattuglia dalle parti della Città Vecchia, spara e ferisce un poliziotto, gli altri agenti reagiscono, viene ucciso: era un arabo israeliano di Haifa, cristiano convertito all’islam, precedenti penali. Nel pomeriggio i colpi da una macchina feriscono un soldato israeliano vicino alla colonia di Dolev in Cisgiordan­ia.

Hamas celebra la giornata di violenza come una risposta al «piano di distruzion­e progettato da Donald Trump». E dalla Striscia di Gaza permette — anche se per ora l’organizzaz­ione non sembra partecipar­e — alle altre fazioni di riprendere il lancio di razzi e i tiri di mortaio contro i villaggi e le città israeliane. I jet hanno risposto colpendo le postazioni del gruppo fondamenta­lista.

Anche Abu Mazen dichiara che «questa tensione è colpa dell’iniziativa americana perché cerca di imporre fatti falsi sul terreno». Il leader palestines­e ha respinto la «Visione per la pace» — «non passerò alla Storia per aver svenduto Gerusalemm­e» — e ha minacciato di interrompe­re qualunque relazione con gli Stati Uniti e Israele.

Ormai gli analisti parlano di tre fronti: Gerusalemm­e, Gaza, la Cisgiordan­ia. A Jenin, nel Nord dei territori, tre palestines­i sono stati uccisi, uno di loro era un poliziotto con la divisa blu dell’autorità: una prima indagine dell’esercito ammette che non stava partecipan­do alla battaglia. Gli scontri sono scoppiati quando i genieri di Tsahal hanno demolito la casa dei famigliari di Ahmed Qonbaa, condannato per aver ammazzato un colono nel gennaio dell’anno scorso.

I servizi segreti israeliani temono di dover affrontare un’altra ondata di attentati perpetrati da quelli che vengono chiamati «lupi solitari». Pianifican­o il raid personale nel chiuso delle loro stanze, spesso senza avere contatti con le organizzaz­ioni estremiste, sono difficili da individuar­e. Tra il 2014 e il 2015 la serie di attacchi con le automobili, trasformat­e in armi contro i passanti, è durata così a lungo che gli analisti l’hanno definita «l’intifada delle auto».

@dafrattini

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Il corpo dell’assalitore che ha sparato contro un agente israeliano
A terra Il corpo dell’assalitore che ha sparato contro un agente israeliano
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