«Cucchi stava bene, lesioni fatali»
Le motivazioni della Corte d’assise: il pestaggio subito in caserma ha provocato patologie mortali
ROMA Né la droga né l’epilessia: solo il violento pestaggio al quale fu sottoposto Stefano Cucchi la notte del suo arresto (il 15 ottobre 2009) può spiegare la sua morte sopraggiunta una settimana dopo. È questa la certezza raggiunta dalla I Corte d’assise di Roma, presieduta da Vincenzo Capozza: «Se (Cucchi, ndr) non avesse subito un evento traumatico non avrebbe sofferto di molteplici e gravi lesioni con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto a morte». Le lesioni ricevute hanno innescato «una serie di eventi (patologici, ndr) terminati con la morte».
«Andrea era l’ultimo di noi tre figli. Alla fine della seconda media annunciò ai nostri genitori e a noi sorelle che voleva entrare in seminario. Mio padre provò a dirgli di aspettare almeno un anno, per finire la scuola, ma lui rispose che era pronto a scappare di casa per vivere la sua vocazione. E conservo ancora una sua letterina al nostro parroco, dell’anno dopo, quando era già in seminario, in cui diceva che era felice perché finalmente si stava preparando
● Il 22 ottobre morì in ospedale per via delle percosse in caserma
L’inchiesta bis sulla morte di Cucchi, coordinata dal pubblico ministero Giovanni Musarò, ha raggiunto un primo punto fermo nell’accertamento delle cause del decesso del ragazzo. Ma poi, sempre stando alle argomentazioni con le quali i giudici hanno motivato le condanne per omicidio nei confronti dei carabinieri Raffaele D’alessandro (12 anni) e Alessio Di Bernardo (12 anni), anche sul fronte della ricostruzione di quanto avvenuto la notte dell’arresto di Cucchi si sono compiuti passi avanti.
Fondamentale e attendibile la testimonianza del carabiniere, inizialmente imputato di omicidio con gli altri, Francesco Tedesco, presente al momento delle percosse: «L’istruttoria dibattimentale ha consentito di acquisire una molteplicità di univoci riscontri alla ricostruzione dei fatti operata da Tedesco e per altro aspetto questi ha offerto una spiegazione del suo pregresso silenzio assolutamente comprensibile e ragionevole». Tedesco è stato poi condannato per il solo falso relativamente al confezionamento del verbale di arresto di Cucchi. Ma è la sua testimonianza, accanto a quella di alcuni detenuti (fra cui Luigi Lainà), che ha permesso di accertare la verità. «Le lesioni accertate sul corpo di Cucchi, poi, sono state tutte tali da risultare perfettamente compatibili con l’azione lesiva descritta da Tedesco», scrivono i giudici.
La notte del suo arresto Cucchi entrò in un silenzioso contrasto con i carabinieri che lo avevano arrestato fino a provocare uno di loro al momento del fotosegnalamento. La reazione fu «illecita e ingiustificabile»: «È indiscutibile che la reazione tenuta da Raffaele D’alessandro e Alessio Di Bernardo sia stata illecita e ingiustificabile. Un’azione violenta nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona sottoposta al loro controllo».
Motivata anche la condanna per falso ideologico di Roberto Mandolini (3 anni e 8 mesi) relativamente al verbale di arresto: «Il verbale di arresto di Stefano Cucchi appare già, ad una prima lettura, un concentrato di anomalie, errori ed inesattezze».
Commenta Ilaria Cucchi: «È esattamente tutta la verità così come l’abbiamo sostenuta e urlata invano per tanti anni».
«Ingiustificabile»
I giudici: la reazione tenuta dai due carabinieri fu illecita e ingiustificabile