Roma, esposta in una teca nella chiesa del prete assassinato in Turchia nel 2006
per diventare un sacerdote».
Maddalena Santoro è una delle sorelle di don Andrea, il prete ucciso a 61 anni nel febbraio 2006 a Trabzon in Turchia dove operava dal 2000 come fidei donum, cioè concesso dalla diocesi di Roma alla Chiesa turca come sostegno pastorale. Dopo essere stato parroco a Roma in vari quartieri periferici e non, da Monteverde a Villa Fiorelli. «Andrea era felice in Turchia, sentiva che stava compiendo la sua missione, nonostante le difficoltà — racconta la sorella —. Proprio da Trabzon il 1° febbraio dell’anno precedente alla sua morte scriveva: “Sono qui per abitare in mezzo a questa gente e permettere a Gesù di farlo prestandogli la mia carne”».
Nel pomeriggio di domenica 5 febbraio 2006, mentre don Santoro era nella sua chiesa, quella di Santa Maria, con il suo aiutante turco, vide entrare tre giovani che iniziarono a insultarlo e minacciarlo, prima di uscire. Don Andrea prese la sua Bibbia in turco, lingua che aveva voluto imparare con impegno, e iniziò a pregare, ma poco dopo un uomo entrò in chiesa e gli sparò due colpi di pistola gridando «Allah akbar».
Proprio quella Bibbia, su cui sono presenti i segni dei proiettili che trapassarono il corpo del sacerdote, ora è esposta nella parrocchia di Gesù di Nazareth, a Verderocca, zona nata ai bordi del Collatino negli anni Ottanta: don Andrea ne era stato il primo parroco, quando ancora non c’era nemmeno la chiesa e le Messe si celebravano in un condominio: «Il suo ricordo fra la gente della zona è ancora molto vivo — racconta l’attuale parroco, don Giuseppe
Russo —. È stato qui dal 1981 al 1993, ma in molte case della parrocchia la sua foto è in mostra fra quelle di famiglia, nonostante siano passati così tanti anni». «Andrea era fatto così: un uomo di grande spiritualità, che viveva di fede e preghiera, ma che si interessava personalmente ai problemi dei suoi parrocchiani — spiega ancora la sorella —. Se qualcuno era malato lui andava anche tutti i giorni a visitarlo, se le coppie avevano dei problemi cercava di mettere pace, sempre. Si interessava dei giovani, delle loro vite».
Ora i parrocchiani avranno
La Bibbia di don Santoro, rovinata dai proiettili, nella teca fatta realizzare apposta e sistemata vicino alle icone sacre che lui stesso aveva voluto nella parrocchia di Gesù di Nazareth, a Verderocca (Roma), zona nata ai bordi del Collatino negli anni Ottanta, dove è stato dal 1981 al 1993 un suo ricordo davvero significativo. In chiesa sarà posto in una teca fatta realizzare apposta e vicino alle icone sacre che lui stesso aveva voluto: «Quella Bibbia piena di sottolineature e appunti e la giacca che indossava al momento dell’omicidio siamo riusciti ad averle dalla polizia turca solo un anno dopo la sua morte — racconta Maddalena, che per far conoscere la spiritualità profonda del fratello e mantenere i rapporti fra la diocesi di Roma e il vicariato di Anatolia ha fondato una onlus che porta il suo nome —. Abbiamo ancora molti suoi scritti inediti, come le lettere ai suoi superiori, soprattutto i cardinali Poletti e Ruini, in cui descriveva la sua vita e pregava per l’unità della Chiesa e delle parrocchie. E l’importanza per lui della presenza cristiana e dell’evangelizzazione in Medio Oriente. E forse non è un caso che sul suo comodino fu ritrovato un testo di Robert Royal: “I martiri del ventesimo secolo”».
La diocesi di Roma sta valutando l’apertura del processo di beatificazione.
● Aveva 61 anni. Era partito per la Turchia l’11 giugno del 2000 come sacerdote fidei donum, cioè concesso dalla diocesi di Roma alla Chiesa turca come sostegno pastorale