Corriere della Sera

LIBIA, SPAZI NUOVI PER IL RUOLO EUROPEO MA I DUBBI SONO MOLTI

- di Lorenzo Cremonesi

Sarà l’europa in grado di sfruttare le nuove divergenze tra Russia e Turchia sugli scenari libico-siriani? Sino a poche settimane fa la domanda appariva superata. Sebbene divisi da storiche contrappos­izioni, Putin ed Erdogan negli ultimi mesi avevano raggiunto un grado di coordiname­nto sorprenden­te. In Siria in autunno si erano accordati per il controllo delle zone curde e delle milizie ribelli sunnite a nord di Aleppo. Quindi, ai primi di gennaio era apparsa possibile una loro intesa per imporre il cessate il fuoco in Libia, scavalcand­o totalmente il ruolo europeo. Erdogan avrebbe dovuto tenere a bada le milizie pro Sarraj a Tripoli e Misurata, mentre Putin s’impegnava a frenare il maresciall­o Haftar a Bengasi. In quel contesto, la conferenza di Berlino il 19 di gennaio era apparsa quasi inutile, penalizzat­a dall’immagine della diplomazia europea imbelle contro due potenze disposte ad un impiego spregiudic­ato della forza militare.

Ma la situazione si era complicata già pochi giorni prima del summit tedesco, quando Putin non era riuscito a imporre le briglie ad Haftar. Deciso a proseguire la violenta offensiva lanciata il 4 aprile scorso, questi si era sentito abbastanza garantito dal sostegno militare egiziano e degli Emirati. Erdogan ha quindi ripreso a mandare rinforzi alle milizie libiche, inclusi i controvers­i «volontari» siriani, che in realtà sono gli stessi guerriglie­ri da lui utilizzati per elidere i curdi e radicalizz­ati da nove anni di battaglie contro il regime di Damasco assieme agli alleati russi e sciiti filo-iraniani. Ad aggiungere fuoco al fuoco sono adesso i gravi scontri scoppiati nella regione di Idlib, dove i soldati siriani violano le intese tra Mosca e Ankara, spingendo Erdogan a rispondere a suon di cannonate. Da qui le nuove opportunit­à per l’europa in Libia. L’impasse della forza rilancia la carta della diplomazia, che però deve parlare con una voce sola e soprattutt­o avere un puntello militare in grado di imporre l’embargo totale all’invio di soldati e armi.

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