Corriere della Sera

Il segreto del Verona di Juric «Voler bene ai giocatori»

L’hellas, sorpresa low cost, ha fermato Milan e Lazio. E domani c’è la Juve

- Guido De Carolis Carlos Passerini Paolo Tomaselli

Perché Handa resta in forte dubbio, il mignolo rotto gli fa male e Conte non vuole correre il rischio di sprecare un cambio a partita in corso, una partita durante la quale i ritmi si alzeranno e serviranno energie fresche. Padelli a Udine se l’è cavata nonostante la ruggine da panchina. Dalla sua ha l’entusiasmo della grande occasione. A Conte e ai difensori il compito di trasmetter­gli subito fiducia, fin dai primi minuti. Di là ci sarà però un Donnarumma in condizioni strepitose, tornato finalmente al rendimento di due-tre anni fa. La sua valutazion­e è tornata ai livelli di prima, 70 milioni di euro. Il suo futuro è un enigma, è una storia tutta da scrivere. Ma Gigio, milanista dentro, sente il derby. Nella sua testa, assicura chi gli sta vicino, c’è un obiettivo ben preciso: un derby da protagonis­ta per cancellare definitiva­mente l’errore che costò la sconfitta al Milan al 92’ il 21 ottobre 2018.

La variabile Theo

Un attaccante aggiunto. E non solo per i 6 gol in 20 presenze fra campionato e Coppa Italia, che fanno di Hernandez il miglior marcatore del Milan. Un terzino. Che però gioca prevalente­mente dalla metà campo in su, dove sa essere devastante: recupera, crossa, tira. La scommessa vinta di Maldini. La controindi­cazione però c’è: dietro, il francese concede troppo. Come si è visto sul gol del Verona, quando ha perso completame­nte Faraoni. È lì, in quella crepa, che l’inter si deve infilare. Conte non ha ancora scelto chi mettergli di fronte. Tre scelte: il più difensivo D’ambrosio, oppure Candreva e Moses, più attaccanti. Scelta determinan­te: un gran pezzo del derby si deciderà lì. 9° posto

● Il Verona neopromoss­o è una delle sorprese del campionato: dopo 22 giornate è 9° a 31 punti

● Dopo i pareggi con Milan e Lazio in trasferta, domani alle 20.45 c’è la sfida in casa con la Juve

Uno alla volta, alla fine li ha abbracciat­i tutti, perché fermare la Lazio all’olimpico tre giorni dopo aver pareggiato a San Siro con il Milan lo ha «riempito d’orgoglio». In realtà, se potesse, Ivan Juric ogni tanto abbraccere­bbe i suoi giocatori anche durante la partita. Perché «devono sapere che gli vuoi bene, che hai fiducia in loro. È la base che mi ha insegnato la vita».

L’empatia tra i giocatori e l’allenatore del Verona ha creato una specie di miracolo sportivo, che domani si confronta con la Juventus: l’ultima arrivata in serie A, attraverso un playoff avventuros­o vinto con un allenatore interinale (Aglietti), ha anche il monte ingaggi più basso (25 milioni, 6 in meno dello stipendio di Ronaldo) e prima del via era considerat­a già spacciata. E invece.

Invece Juric, assieme al d.s. Toni D’amico, ha radunato una truppa di svincolati (Veloso, Lazovic), prestiti (Gunter, Pessina, Verre), sconosciut­i da Croazia e Belgio (Rrahmani, Amrabat), ragazzini (Kumbulla, Salcedo). E ha costruito un’identità di gioco precisa con il 3-4-2-1 e le marcature a tutto campo, frutto delle sue esperienze da giocatore (con Gasperini), delle sue passioni extracalci­stiche (Phil Jackson guru dei Lakers) e delle sue visite di aggiorname­nto (da Guardiola al Barcellona).

Il giocattolo più economico di tutto il campionato a tratti è spettacola­re, è a un punto dall’europa League, ha già venduto Rrahmani al Napoli e Amrabat alla Fiorentina per 30 milioni complessiv­i di plusvalenz­a e adesso ha in vetrina sopratutto Kumbulla (cresciuto nel vivaio), Zaccagni e Faraoni, dopo aver rivitalizz­ato anche il vecchio bomber Pazzini, grazie ad allenament­i personaliz­zati. Juric stesso ha un contratto che scade a giugno e con i suoi principi di gioco sta conquistan­do parecchi estimatori dopo le tribolate stagioni al Genoa, tra esoneri e ritorni di fiamma.

I principi umani però sono quelli che stanno facendo davvero la differenza e non a caso l’allenatore di Spalato (che in carriera ha vinto la B a Crotone) è diplomato a Coverciano con una tesi sull’aspetto motivazion­ale del suo lavoro.

Figlio di una maestra di sostegno e di un professore dissidente del regime jugoslavo costretto poi a reinventar­si una vita con lavori umili fino a diventare dirigente di una grande azienda, Juric non fa mai giri di parole e ha il culto della sincerità, il secondo ingredient­e del suo piccolo miracolo dopo quello basilare della fiducia: «Dirsi tutto in faccia, anche le cose brutte». Senza dimenticar­e di volersi bene. Oltre che di pressare, correre e marcare a uomo.

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Ivan Juric, 44 anni, allenatore croato, alla prima stagione al Verona
(Lapresse) In mostra Ivan Juric, 44 anni, allenatore croato, alla prima stagione al Verona

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