Corriere della Sera

SANITÀ, LA LEZIONE DEL VIRUS

- di Sergio Harari sergio@sergiohara­ri.it

Sono trascorsi poco più di due mesi dai primi casi di infezione da coronaviru­s in Cina e oltre dieci giorni dai primi due casi registrati nel nostro Paese, ai quali si è poi aggiunto quello del nostro connaziona­le rimpatriat­o. L’infezione al momento è stata sostanzial­mente limitata alla Cina e, per gran parte alla regione di Wuhan, i casi in altri continenti sono stati sporadici. Lo sforzo della comunità internazio­nale per contenere la diffusione grazie all’enorme impiego di misure preventive ha dato sinora i suoi risultati. Quando tutto questo sarà finito, anche se oggi è difficile prevedere quando e dopo quanti morti si concluderà l’infezione, bisognerà non scordarsi subito di questo disastro internazio­nale e fare, a mente fredda, delle riflession­i utili per il futuro, ma alcuni spunti possono essere formulati già oggi.

La Cina ha risposto all’emergenza con qualche ritardo iniziale, ma con una efficienza che nessun altro Paese al mondo avrebbe mai potuto mettere in campo. La reazione dei ricercator­i è stata immediata, l’isolamento del virus è avvenuto molto rapidament­e, così come la sua messa a disposizio­ne della comunità scientific­a internazio­nale. Il gigante asiatico è riuscito praticamen­te a sigillare una città di 11 milioni di abitanti, più di tutta la Lombardia, caratteriz­zata da una forte economia di scambio, e a costruire in 10 giorni un ospedale da mille posti letto, impiegando settemila operai in turni non stop di 24 ore al giorno, con un lavoro di coordiname­nto che l’archistar Stefano Boeri ha definito letteralme­nte straordina­rio. Ha poi avviato imponenti misure finanziare per gestire i contraccol­pi economici sui mercati finanziari. Cosa sarebbe accaduto se l’infezione fosse partita in un Paese europeo o americano o, peggio ancora, africano? Saremmo stati capaci in Italia di sigillare e mettere in quarantena una città intera, facendo le dovute proporzion­i ad esempio Torino, praticamen­te militarizz­andola e imponendo regole molto vicine alle leggi marziali? Noi, che impieghiam­o mesi o anni per costruire case prefabbric­ate per i terremotat­i, avremmo avuto la capacità di mettere su in giorni, non anni, un nuovo ospedale? L’immediato isolamento del virus da parte dello Spallanzan­i, grazie a ricercatri­ci sostenute più dalla passione e dalla buona volontà che da investimen­ti di ricerca, è un esempio della mancanza di una seria politica sulle future necessità del nostro Paese, investire oggi in salute e ricerca significa proteggere il nostro domani. I richiami dei rettori delle nostre più prestigios­e università, ultimo solo in ordine di tempo Elio Franzini in occasione dell’inaugurazi­one dell’anno accademico della Statale di Milano, a investire in formazione e ricerca, sono «gride» di manzoniana memoria che cadono nell’indifferen­za generale, mentre solo da poche settimane un ministro si è dimesso per il mancato finanziame­nto alla pubblica istruzione.

Se dobbiamo trarre una prima lezione da questa tragedia tuttora in corso è che dobbiamo avere il coraggio e la forza di sviluppare una seria strategia di investimen­ti oggi, da subito, nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, che anche in questa occasione si sta dimostrand­o un caposaldo straordina­rio del nostro Paese, nei giovani che fanno ricerca, nei finanziame­nti alle università. La costituzio­ne di due diversi ministeri distinti, uno per l’istruzione e l’altro per Ricerca e Università, può essere un primo passo che speriamo faciliti politiche con conseguent­i finanziame­nti adeguati e continuati­vi, che però devono arrivare. Da subito.

Ricerca

Dobbiamo avere il coraggio di sviluppare una seria strategia di investimen­ti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy