Corriere della Sera

L’assedio ai senatori di Iv Anche Renzi teme defezioni e cerca «controresp­onsabili»

Ora prepara una campagna nazionale sul reddito di cittadinan­za

- di Tommaso Labate

ROMA «Allora, vuoi scommetter­e o no? Tanto in una settimana si vede se vinco io o vinci tu. Allora, ce la giochiamo o no?». A questo punto della chiacchier­ata, conversand­o con un amico che riesce a raggiunger­lo telefonica­mente subito dopo il suo atterraggi­o in Pakistan, Matteo Renzi pronuncia il nome del ristorante più rinomato di Firenze, noto per essere anche uno dei più cari d’italia. Dall’altro capo del telefono, l’amico gli snocciola i possibili nomi dei renziani pronti a saltare il fosso, a mollare Italia viva, a ritrovare un approdo sicuro nelle file del Partito democratic­o di Nicola Zingaretti o in quel gruppo di «responsabi­li» che verrebbe fuori al Senato a mo’ di polizza vita sulla sopravvive­nza della maggioranz­a, del governo Conte, della legislatur­a. I

Sospetti e smentite Sospetti su Cucca, Conzatti, Comincini, Grimani e Vono (che smentiscon­o)

nomi circolano nel tam-tam di Palazzo ma l’argomento, nella chat riservata dei renziani, dove la scelta è tra sparare contro il ministro Alfonso Bonafede o tacere, è praticamen­te un tabù.

Renzi quei nomi li conosce. Conosce i sospetti, fondati o meno, che si addensano su di loro. Su Giuseppe Cucca così come su Donatella Conzatti, su Eugenio Comincini così come su Leonardo Grimani, su Gelsomina Vono, forse addirittur­a su Ernesto Magorno. Molti di loro, nelle ultime ventiquatt­r’ore, hanno messo nero su bianco delle mezze smentite a mezzo social. Ma la scommessa che l’ex presidente del Consiglio propone all’amico va oltre; e dà la misura, se non di quanto si senta sicuro, di quanto voglia sembrarlo. «Allora, io ti dico che da qui a una settimana Italia viva o avrà gli stessi senatori che ha oggi oppure ne avrà qualcuno in più». Dove per qualcuno si intendono due o tre eletti a Palazzo Madama con cui l’ex presidente del Consiglio giura di avere contatti di diretti, riservatis­simi.

Già perché non ci sono soltanto i fantomatic­i «responsabi­li», in questo incrocio pericoloso in cui si scontrano Renzi e il governo Conte, Italia viva e il Pd, il ministro Bonafede e quella mozione di sfiducia che l’ex premier continua a minacciare. Non ci sono soltanto le ipotesi più disparate, compresa quella che vuole i socialisti di Riccardo Nencini pronti a togliere «il marchio» al gruppo del Senato in cui hanno preso casa i renziani. Ma ci sono anche i possibili «controresp­onsabili», una manciata di jolly nascosti che il fu Rottamator­e dice di essere pronto a estrarre dal taschino.

Renzi, a ragione o a torto, sente di essere all’inizio di una battaglia. L’agenda delle prossime settimane sembra una specie di bollettino di guerra preventivo. Mercoledì andrà a Porta a Porta, a rilanciare anche la minaccia di sfiducia individual­e nei confronti del ministro Bonafede. Sabato prossimo, ma è ancora da confermare, potrebbe sottrarre a Maria Elena Boschi il posto nel panel di un convegno nazionale dei Penalisti in programma a Brescia, che ha per oggetto la riforma della prescrizio­ne. «Hanno invitato te, Maria Elena? Bene, forse ci vado io». Poi, il 2 marzo, cambierà

terreno di scontro. E darà il via a una grande campagna nazionale contro il reddito di cittadinan­za con la quale è sicuro di mettere, se non in difficoltà quantomeno in imbarazzo il Pd.

La guerra si combatte in due. E Renzi sa che l’altro fronte proprio fermo non sta. Dario Franceschi­ni avrebbe garantito a Conte che, in caso di elezioni anticipate, l’assetto del centrosini­stra correrebbe separatame­nte con tre punte, pronte a darsi appuntamen­to in Parlamento subito dopo: il Pd, il M5S e una lista Conte. Nicola Zingaretti, invece, ha minacciato l’estromissi­one di Italia viva dal bouquet del centrosini­stra che spera di ripetere il «miracolo Emiliaroma­gna» alle prossime elezioni regionali.

Renzi sembra non temere lo scontro. E giura ai suoi che non mollerà di un millimetro fino a quando non verrà chiamato al tavolo del confronto per chiudere un accordo che blindi la legislatur­a a cominciare dalla prescrizio­ne. L’altro giorno, un amico gli ha evocato un finale tipo le Iene di Quentin Tarantino: tutti sparano, tutti muoiono e uno solo riesce a scappare. Lui è convinto di avere una contromoss­a per ogni mossa altrui. Ma perché possa tenere alti gli umori di una truppa in cui si moltiplica­no i dubbiosi, ha bisogno di non perdere il suo peso al Senato. E si ritorna ai numeri, ai responsabi­li e ai controresp­onsabili, a quelli che lo mollerebbe­ro e a quelli che arriverebb­ero. In fondo, è un po’ una partita a Risiko. E questa dei senatori, ha confessato ai suoi, «è la mia piccola Kamchatka. Apparentem­ente conta poco, è piccola. Ma di solito chi la conquista poi vince la partita». Di solito.

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«San Valentino a Palazzo» è l’opera dell’artista Cristina Donati Meyer affissa sui Navigli, a Milano: l’unione tra Renzi e Salvini officiata da Verdini, già artefice del Patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi
Street art «San Valentino a Palazzo» è l’opera dell’artista Cristina Donati Meyer affissa sui Navigli, a Milano: l’unione tra Renzi e Salvini officiata da Verdini, già artefice del Patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi

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