Trump e l’europa «nemica» Storia di un’alleanza moribonda
Sapevamo che il presidente degli Stati Uniti non ama le organizzazioni internazionali. Preferisce trattare con i singoli Stati e gettare sul piatto della bilancia, in ogni trattativa, il peso della superpotenza americana. Questo metodo funziona, almeno in parte, con molti Paesi a Sud del Rio Grande, e funzionerebbe forse anche con quelli al di là dell’atlantico, se gli Stati membri dell’unione Europea non avessero assegnato alla Commissione di Bruxelles il compito di negoziare i loro trattati commerciali. Irritato, Trump ha detto pubblicamente che l’ue è un nemico. Ha usato questa parola (in inglese foe) per la prima volta in una intervista a Cbs News il 15 luglio 2018 per giustificare una bordata di dazi: quelli che ha imposto allora sull’acciaio e sull’alluminio provenienti dall’europa, e quelli che avrebbe annunciato nel 2019 (il 10% per gli aerei costruiti in Europa e il 25% per i prodotti agricoli, fra cui vini e formaggi). Un’altra accusa di Trump concerne la Nato. In una seduta del Consiglio Atlantico nel 2014 (quando il presidente Usa era Barack Obama) fu deciso che ogni membro dell’alleanza avrebbe contribuito alle proprie spese militari con una somma pari al 2% del Pil (prodotto interno lordo). Da allora i Paesi morosi, fra cui l’italia (oggi ancora le sue spese militari non superano l’1,3% del Pil), sono molti e suscitano la collera di Trump. Il presidente americano ha formalmente ragione. Ma è ancora interesse dell’europa piegarsi alle intimazioni di un leader ipernazionalista e affidare la propria sicurezza a una organizzazione in cui la potenza
America First Gli Stati Uniti di Trump sono ormai una potenza che proclama sfacciatamente il proprio nazionalismo
maggiore è governata da un uomo che è (e sarà verosimilmente per i prossimi quattro anni) Donald Trump? Vi sono almeno due ragioni per cui è lecito dubitare di questa Nato. In primo luogo ha perso il suo nemico storico. La Russia ha certamente ambizioni e interessi che non coincidono con quelli della Europa centrooccidentale. Ma la sua politica non giustifica l’esistenza di una organizzazione che è stata concepita ed è strutturata soltanto per essere in ogni momento pronta a farle la guerra. In secondo luogo gli Stati Uniti di Trump sono ormai una potenza che proclama sfacciatamente il proprio nazionalismo (America First) ed è priva di quegli ideali che negli anni della Guerra fredda erano parsi giustificare, agli occhi di molti, la sua leadership. Considerata in questa prospettiva, l’intervista di Emmanuel Macron all’economist del 9 novembre 2019 contiene considerazioni interessanti che sono divenute ancora più interessanti da quando il presidente francese in un discorso alla Scuola di guerra, a Parigi, il 7 febbraio, ha invitato i suoi partner europei ad avere un ruolo nella gestione della dissuasione nucleare francese. È lecito immaginare che pensi anzitutto a una nuova leadership per la Francia? Probabilmente. Ma credo che i Paesi dell’ue dovrebbero prenderlo in parola e chiedergli di meglio chiarire la sua proposta.