Niccolò è negativo al virus «Sono felice, ora ho fame» E sui social ha già le fan
Lo studente friulano è allo Spallanzani. «Io famoso?», ride
La prima cosa che ha violato l’isolamento è stata un piatto di prosciutto crudo. «Oltre a tornare subito a casa, volevo tanto mangiarlo di nuovo», confessa Niccolò dopo essere arrivato allo Spallanzani. Ad attenderlo non ci sono parenti - che però dovrebbero giungere oggi a Roma - ma solo medici e infermieri in tuta protettiva. La voce del 17enne di Grado, rimpatriato ieri da Wuhan con un volo dell’aeronautica militare, è attutita dalla mascherina che è costretto a tenere premuta sul volto, ma sempre meno di quella di chi è autorizzato ad aprire la porta della sua stanza nella IV Divisione dell’istituto per la cura delle malattie infettive fra visite mediche da sostenere a orari prestabiliti, misurazioni di febbre, prelievi. E poi i pasti.
Con i visitatori invece - fra i quali ieri l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’amato si parla con l’interfono dall’altra parte della vetrata. «Sono felice di essere tornato in Italia», dice ancora Niccolò, che qualche ora più tardi riceve un’altra buona notizia: i due tamponi faringei, ai quali è stato sottoposto alla partenza da Wuhan e all’arrivo a Pratica di Mare, hanno dato esito negativo: per gli specialisti dell’ospedale militare del Celio il ragazzo non ha il coronavirus.
«Sono solo le prime indagini - avverte il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che ha partecipato per la seconda volta in una settimana a una spedizione in Cina -, ma è già un indizio di una possibile negatività definitiva. Questi risultati sono stati inviati allo Spallanzani, dove Niccolò sarà sottoposto alle analisi del sangue. Siamo ottimisti che ci non ci sia nulla». E proprio dall’ospedale in via Portuense viene precisato che il giovane ha solo «febbricola e non manifesta altra sintomatologia».
Libri, giornali, pc, smartphone. «Il resto me lo porteranno i miei», racconta lo studente friulano a chi lo assiste. Ha parlato per telefono prima con la madre, poi con altri familiari. Sui social, Instagram in particolare, è già un mito. Le ragazzine sono diventate delle fan: postano messaggi e cuoricini tutti per lui. Niccolò appare tranquillo, sereno, anche se è un po’ stanco. Il fatto di dover rimanere in quarantena fino a fine febbraio non lo spaventa. D’altra parte è sembrato così anche a chi nella serata di venerdì (ora italiana) è sceso sulla pista di Wuhan. Al sottosegretario e ai 27 uomini della missione, sempre protetti dalle tute. Lui, invece, a parte la mascherina, non aveva niente a proteggerlo. Un giaccone blu, i capelli arruffati. A piedi, con il trolley in mano e uno zainetto sulle spalle. Un passeggero qualsiasi, ma non era vero. È uscito così, dal gate 331, dopo aver già visto per due volte di seguito gruppi di connazionali partire per l’italia mentre a lui è stato impedito proprio perché aveva la febbre. Più alta di quella di ieri. «Ma per il virus - ribadisce -, stavo bene. Non è stata una bella sensazione, ma adesso è tutto passato». Anche il ritorno a testa bassa nel bed&breakfast vicino all'aeroporto in attesa del momento giusto per riprovarci. «In questi giorni non abbiamo pensato ad altro - ammette Sileri -, Niccolò non poteva essere lasciato indietro. Nessun italiano deve essere lasciato e sarà lasciato indietro. Se qualcuno ce lo dovesse chiedere, siamo pronti».
È un ragazzo timido, ma con un carattere forte. E tanto anche: per oltre 14 ore è rimasto chiuso nella barella in biocontenimento, una teca di vetro dove niente può entrare e niente può uscire. Come ora nella camera allo Spallanzani, al ragazzo è stato consentito di portarsi dietro qualcosa. Dentro c’erano già biscotti, cracker, patatine, acqua. «Ma lo sai che a casa sei diventato famoso?», gli ha chiesto una volta salito a bordo il rappresentante del governo, scusandosi per averlo dovuto lasciare a Wuhan la prima volta. La risposta è stata un altro sorriso: «No, ma mai avuto il dubbio che non sareste tornati».