Corriere della Sera

Si amplia il piano Alpe per aiutare i Comuni sopra i 600 metri. Le idee e le località da salvare

- DAL NOSTRO INVIATO Ulassai Troina Castelnovo ne' Monti Valle Castellana

Ci vivono 13,5 milioni di italiani, distribuit­i in 4.261 Comuni (52 per cento del totale) che si estendono per il 60 per cento della nostra superficie. Sono state ribattezza­te «aree interne» e al 70 per cento si tratta di centri montani. Esistono da Nord a Sud, isole comprese. È la parte maggiorita­ria dell’italia in cui si vivono spesso condizioni di disagio per l’assenza o quasi di servizi essenziali quali scuole, ospedali o stazioni. Proprio a loro, ieri a Parma, il Fondo ambiente italiano (Fai) ha dedicato il 24° Convegno nazionale dei delegati e volontari dal titolo provocator­io: «Terre di nessuno o della sovranità negata».

«È la sfida più importante che abbiamo mai intrapreso — spiega Andrea Carandini, presidente del Fai — e richiederà fantasia, impegno e coraggio perché questi luoghi sono come in un cono d’ombra dove non nasce più nessuno e vivono sempre meno persone. Questo provoca un disequilib­rio territoria­le, con le periferie delle città sempre più popolose e le terre al di sopra dei 600 metri svuotate». L’obiettivo è chiaro: «Accendere i riflettori affinché le “terre di nessuno” diventino

La scheda

● Il Progetto Alpe del Fai sostiene le comunità in declino sopra i 600 metri. I primi interventi riguardera­nno Ulassai (Sardegna), Troina (Sicilia), Valle Castellana (Abruzzo) e Castelnovo ne’ Monti (Emiliaroma­gna) patrimonio di tutti». Per questo verrà ampliato il raggio del «Progetto Alpe - L’italia sopra i 600 metri», ideato lo scorso anno, a tutte le aree interne. «Aiuteremo quei posti speciali che lo Stato non arriva a valorizzar­e, quei paesaggi delle aree interne sempre più in abbandono, nei quali possiamo recare un importante sussidio di formazione culturale in senso pienamente sociale», conclude Carandini.

Temi che Marco Magnifico, vicepresid­ente esecutivo del Fai, ha approfondi­to con tre dei quattro sindaci dei comuni nei quali interverrà il Fondo.

«Abbiamo tesori, ma i turisti non entravano in centro — dice Gianluigi Serra di Ulassai (Nuoro) — ora proviamo a intercetta­rli, aiutando a fare impresa. Ha aperto il primo ristorante e un campeggio. Solo puntando il faro sul borgo si salva la comunità».

Far restare i giovani è una delle priorità. «Non servono tanto i soldi, ma un cambio di mentalità — spiega Enrico Bini di Castelnovo ne’ Monti, nel Reggiano — perché bisogna valorizzar­e le bellezze tramite il turismo. Vorrei che i miei nipoti vivessero qui».

La spopolamen­to fa perdere sia il «capitale umano» sia le imprese agricole che chiudendo lasciano il territorio abbandonat­o. «A Troina, i clan mafiosi avevano trasformat­o le terre di “nessuno” in terre di “qualcuno” e si erano appropriat­e di quattromil­a ettari di boschi comunali nel Parco dei Nebrodi, ma li abbiamo sottratti al loro controllo e abbiamo creato la più grande azienda agricola pubblica italiana — ricorda Fabio Venezia, sotto scorta dal 2014, che con l’ex presidente del Parco Giuseppe Antoci ha acceso i riflettori sulla mafia sui Nebrodi —. A regime assumeremo 60 persone. Così inizieremo a fermare l’emigrazion­e. Sto lavorando per far rivivere pure il centro storico».

Al dibattito hanno dato il loro contributo anche Federico Pizzarotti, sindaco di Parma; Anna Laura Orrico, sottosegre­tario del Mibact; il filosofo Salvatore Veca, Renato Balduzzi, docente di Diritto costituzio­nale dell’università Cattolica di Milano; lo scrittore Paolo Rumiz; la vicepresid­ente Fai, Ilaria Borletti Buitoni e padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi.

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