Corriere della Sera

Quell’umanità che vogliamo vedere nella mano tesa dell’orango Anih

Il suo custode in una pozza a caccia di serpenti. Lo scatto nel centro di riabilitaz­ione indonesian­o è virale

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(Pongo abelii) (Pongo tapanulien­sis) bracconagg­io, incendi. E così la «persona» (orang, in lingua malese) della «foresta» (hutan) è sempre più a rischio di estinzione. Ne sono rimasti circa 57 mila esemplari, tra il Borneo e Sumatra. Lo scrive la Bbc Earth, che ha una pagina tutta dedicata a questi magnifici primati che «condividon­o» con noi il 97% del Dna. L’ultimo aggiorname­nto della «Bbc Oranghi» riguarda proprio un’intervista con Anil Prabhakar, il fotografo che all’inizio del 2020 ha messo su Instagram l’immagine della mano tesa di Anih. L’interpreta­zione era già tutta nel titolo dato in inglese: «Let me help you» (lascia che ti aiuti). E nella seguente morale: «Quando il genere umano perde la sua umanità, talvolta gli animali ci fanno ritrovare la via dei nostri principi fondamenta­li».

Ogni giorno su Instagram si caricano 95 milioni di nuove immagini. Prima di diventare «virale» sui social, una foto deve superare una nutrita concorrenz­a. Così ha fatto anche il gesto dell’orango («Posso aiutarti?»), arrivando alle 100 mila condivisio­ni. L’intervista al fotografo sul sito della Bbc ha raggiunto i 3 milioni di clic. Con una fila infinita di like e commenti dello stesso tenore. Maria Alexandra: «Gli animali hanno il cuore più puro del nostro». Chetam: «Ci stiamo scambiando i ruoli: noi ci comportiam­o da animali, e loro da umani». Nermin: «E noi intanto li distruggia­mo». Qualcuno ha scritto: «E poi non dite che non discendiam­o da loro». Il Wwf Spagna ha fatto un tweet estasiato: «Un orangutan che aiuta un uomo a scappare da un nido di serpenti».

Serpenti? Già. Ci mancavano loro, nella storia. La guardia Syahrul stava dando la caccia a un serpente avvistato lungo la riva del fiume, ha raccontato il fotografo. Rettili che sono una minaccia per gli oranghi. A quel punto la femmina (che lo staff del parco ha battezzato Anih) è uscita dal folto e si è messa a guardare incuriosit­a. «Si conoscono dagli anni Novanta — ha detto il direttore della riserva Jamartin Sihite —. Dalla foto non possiamo desumere il perché di quella mano tesa. Ma è molto probabile che Anih volesse soltanto del cibo».

No, non si può rovinare così «la narrativa» dell’atto gratuito, il ribaltamen­to dei ruoli, la «riabilitaz­ione» di Re Luigi, lo schiaffo all’antropocen­e... Non possiamo credere che l’animale (per una volta) salvatore dell’uomo in realtà pietisse un frutto dall’amico. E pazienza se il rischio è l’antropomor­fismo, antica tentazione di attribuire agli animali motivazion­i umane. Lo facciamo ogni giorno con i nostri gatti, quando ci portano «in dono» l’ennesimo piccione sanguinole­nto. Perché non farlo con «le persone della foresta»? Lo stesso direttore del santuario Bosf dice che questi animali «ci aiutano — anche se non ce ne accorgiamo — a conservare la foresta che dà aria pulita, a mantenerla ordinata». Ha detto «ordinata»? Ecco che subito, nella nostra mente allenata, all’immagine dell’orango soccorrito­re si sovrappone quella dell’operatore ecologico, per non parlare della patente di taglialegn­a che esce da un altro video della Bbc: si vede un orango allo stato selvatico che trova una sega e comincia a tagliare un ramo impeccabil­mente, manco fosse un falegname. Il nostro bisogno di antropomor­fismo è duro a svanire. Ma se ci fa ricordare che la natura intorno a noi si sta squagliand­o e la colpa è anche nostra, evviva la foto di Anih. Lo diceva anche Jane Goodall, che ha passato la vita con i cugini degli oranghi: «Se sperimenti­amo l’effetto di farmaci sugli scimpanzé, non è logico supporre che ci siano somiglianz­e anche fra i nostri sentimenti?».

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Il direttore dell’area protetta: «È probabile che l’animale stesse chiedendo all’uomo del cibo. Si conoscono dagli anni Novanta... Ma è vero che gli orangutan ci danno una mano da sempre a conservare la foresta così preziosa per la nostra vita»

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