PARADOSSO (APPARENTE): TANTI DISOCCUPATI MA MANCANO LAVORATORI
Un paradosso. Che, come vedremo, è solo apparente. In Italia, nonostante ci siano più di 2 milioni e mezzo di disoccupati (quasi la metà con meno di 35 anni) e 13 milioni di «inattivi», le aziende, quando vogliono assumere, fanno fatica, in un caso su tre, a trovare i lavoratori di cui hanno bisogno. Il dato, frutto della puntuale indagine Excelsior (Unioncamere-anpal) fra le stesse imprese, è stato giustamente rilanciato dalla Cgia di Mestre, che parla appunto di «grande paradosso». In realtà, come sanno bene gli artigiani veneti, ci sono precise spiegazioni di questo inefficiente funzionamento del mercato del lavoro. Basta guardare quali sono i lavoratori più difficili da trovare: tecnici informatici, cuochi, camerieri, operai edili, operai specializzati, progettisti, ingegneri, assistenti sociali, conduttori di mezzi di trasporto, tecnici di vendita, addetti alle pulizie. Insomma, figure molto professionalizzate o che, al contrario, non richiedono particolari qualifiche. Una domanda di lavoro cioè polarizzata, come lo è ormai l’occupazione. Mancano le qualifiche più alte perché il nostro Paese produce pochi laureati, in particolare nelle materie scientifiche, e spesso li spinge a emigrare. Mancano le qualifiche più tecniche perché il nostro sistema trascura questi indirizzi, al contrario del modello scuola-lavoro tedesco. Mancano le qualifiche più basse perché nessuno, tranne che non sia disperato, vuole fare lavori pesanti per paghe misere. Così, una volta esaurito il bacino degli immigrati, le aziende non sanno a chi rivolgersi. Per tutte queste esigenze verrebbe da dire che un aiuto potrebbe venire dai titolari del reddito di cittadinanza, visto che ci sono 908 mila di loro classificati come collocabili al lavoro. Ma la piattaforma prevista dalla legge per incrociare la domanda delle aziende coi profili dei beneficiari del reddito ancora non c’è. Un colpevole ritardo.