Corriere della Sera

L’ULTIMA LETTERA DI NAZARIO SAURO

- Cara Brunella,

Caro Aldo, nella risposta sulle foibe lei fa riferiment­o a una lettera di Nazario Sauro al figlio. Ci può raccontare di più? Brunella Guatta Brescia

Nazario Sauro nasce suddito austriaco, a Capodistri­a, ma si sente italiano. E quando scoppia la guerra tra l’austria e l’italia si arruola nella marina italiana, consapevol­e che, se verrà catturato, sarà impiccato come traditore. Il suo sommergibi­le si incaglia al largo di Fiume, lui tenta di fuggire su un barchino, ma viene fermato dai nemici. Dichiara di chiamarsi Nazario Sambo, ma alcuni concittadi­ni — le risparmio i loro nomi — lo riconoscon­o. Allora viene messo a confronto con sua madre, Anna. Per salvarlo dalla forca, la mamma nega di conoscere il figlio. Una scena straziante, da tragedia greca. Sarà tutto inutile. Nazario Sauro viene impiccato il 10 agosto 1916, un mese prima di compiere 36 anni, un mese dopo l’impiccagio­ne di Cesare Battisti. Con la corda al collo riesce ancora a gridare in faccia ai carnefici: viva l’italia. La notizia fa il giro d’europa, lo sdegno è enorme. Prima di morire, Nazario Sauro lasciò due lettere. Una alla moglie, l’altra al primo dei cinque figli. Sono parole scritte quando l’esito della Grande Guerra era ancora incerto, e l’italia avrebbe potuto essere travolta. Esprimono una fede nel futuro e nei compatriot­i che non dovrebbe mai essere tradita. «Caro Nino, tu forse comprendi, o altrimenti comprender­ai fra qualche anno, quale era il mio dovere d’italiano. Diedi a te, a Libero, ad Anita, a Italo, ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello, e il mio giuramento l’ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l’età per ben comprender­e, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani. I miei baci e la mia benedizion­e.

Papà». Che ne dice, gentile signora Brunella, di far leggere ad alta voce questa lettera a tutti gli eletti in Parlamento, e a tutti i condannati per corruzione?

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