Corriere della Sera

Il Mise lancia il «reshoring», ma bastano gli incentivi?

L’iniziativa del ministro Patuanelli per riportare le produzioni in Italia. Gli ostacoli

- Dario Di Vico

Di fronte alle difficoltà dell’industria manifattur­iera nel 2020 in ambito governativ­o si è ricomincia­to a parlare di un nuovo «pacchetto crescita» da varare in Parlamento in tempi stretti. La novità più intrigante delle misure che, secondo le anticipazi­oni, dovrebbero comporlo riguarda il cosiddetto back reshoring ovvero il rientro in Italia delle produzioni che sono state delocalizz­ate in un passato più o meno recente. Il caso che fa scuola è quello della Candy — oggi a proprietà cinese — che ha annunciato lo scorso dicembre di voler riportare la lavorazion­e delle lavatrici dalla Cina a Brugherio. E se volgiamo l’idea sulla quale sta lavorando al Mise il ministro Stefano Patuanelli riprende un input lanciato da Romano

Prodi qualche mese fa, in occasione di un dibattito pubblico presso Prometeia a Bologna. Secondo l’ex premier a rendere possibile un’operazione così ambiziosa c’è in primo luogo l’andamento del costo del lavoro in Cina e nei Paesi dell’est europeo, che a prescinder­e dal coronaviru­s è salito notevolmen­te fino a ridurre il vecchio differenzi­ale con i salari italiani. Per concretizz­are il reshoring, in base a quanto riportato dal «Sole 24 Ore», Patuanelli avrebbe intenzione di ridurre drasticame­nte l’ires (dall’attuale 24%), di utilizzare per i lavoratori rientranti i benefici previsti per il rientro dei cervelli (e dei calciatori!) e di creare uno sportello ministeria­le ad hoc al fine di sveltire l’iter burocratic­o.

In linea di principio il provvedime­nto del Mise dovrebbe riscuotere un largo consenso tra le forze politiche e i sindacati, eppure tra gli addetti ai lavori l’ipotesi incontra dubbi e scetticism­i. Vediamoli. Il primo riguarda il costo del lavoro: è sufficient­e dimezzare l’ires per ridurre la distanza o in realtà il vantaggio competitiv­o della Polonia — per prendere un caso concreto — è fatto non solo di salari al 50% ma anche di un buon livello di infrastrut­ture e sistemi di fornitura? La seconda riguarda le inefficien­ze del sistema Italia e l’atteggiame­nto tutt’altro che benevolo verso gli investitor­i esteri tenuto da una forza politica chiave come il M5S. In un clima di incertezza economica e politica come l’attuale, con un governo che oscilla tra dichiarazi­oni proimpresa e atti concreti di segno opposto, si faranno avanti degli imprendito­ri-patrioti disposti a sposare il back reshoring?

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