Corriere della Sera

La passione, eterna rincorsa

«Desiderio» (La nave di Teseo): quarant’anni di vita, una donna sfuggente, la bellezza dolente e borghese di Roma

- di Giulia Ziino

Giorgio Montefosch­i racconta Matteo e Livia Storia di un amore che attraversa i decenni

«Allora, anche Matteo si spostò leggerment­e, si girò e la baciò sulle labbra, una prima volta sfiorandol­e appena, premendole una seconda volta, sentendo finalmente l’aspra dolcezza che non aveva dimenticat­o mai; pensò, avendone l’immediata certezza, che la felicità sconosciut­a dalla quale era stato trascinato poc’anzi non era una felicità sconosciut­a, sepolta nella sordità del tempo, ma viva, come se tutto quel tempo trascorso non fosse mai esistito».

Il tempo. Forse sta qui — nello scorrere inevitabil­e delle stagioni, della vita e negli oscuri legami tra i noi stessi di allora e quelli di oggi — la chiave di questo nuovo romanzo di Giorgio Montefosch­i, appena uscito per La nave di Teseo. Che è una storia sull’amore, certo, ma anche — soprattutt­o? — su come l’esistenza ci scorre tra le mani, incurante. E qualche volta la guidiamo noi, più spesso però subiamo il carico di forze sotterrane­e e potenti, che ci trascinano dove vogliono loro. Qui, quella forza è il Desiderio che dà — chiaro e assoluto — il titolo al romanzo.

I fatti sono semplici: un primo maggio, durante un pranzo in un casale in campagna sull’ardeatina, Matteo, ventenne studente di Lettere, si innamora di Livia, sfuggente coetanea, sorella di un suo amico. Lei, tempo dopo, parte per Londra e ci resta, lui farà la sua vita. Li rincontria­mo vent’anni dopo, lui sposato, lei rientrata a Roma e decisa, stavolta, a restarci. Si rincontran­o anche loro, per caso, e quasi subito diventano amanti riprendend­o il filo interrotto anni prima. Con Matteo che sembra agire comandato da un desiderio che non ha mai avuto un compimento, rimasto congelato lì, in attesa di trovare finalmente pace tra le braccia di Livia, sfiorata e mai realmente avuta.

Il romanzo segue la coppia nel tempo, a intervalli di qualche decennio. Li conosciamo giovani, inquieti: davanti a loro gli esami, per Matteo un viaggio in macchina attraverso l’europa, il futuro. Siamo negli anni Sessanta, in una Roma in cui l’estate sta per esplodere carica di promesse come la vita a vent’anni, come il corpo e l’amore di Livia. Vent’anni dopo — a Roma è gennaio, fa freddo — Matteo ha sposato un’altra, ha due figli, casa nuova, qualche illusione incrinata. Avrebbe voluto fare il latinista, restare nell’università, poi suo padre lo ha spinto a lavorare in un giornale, come lui. Desiderio è anche un romanzo corale, di famiglie, di un gruppo di amici: vediamo crescere e invecchiar­e i compagni di Livia e Matteo, i loro fratelli, le loro vite perdersi e ritrovarsi. Ma ben saldo al centro di tutto c’è Matteo, e la forza di attrazione che lo porta verso Livia, inquieta figlia di famiglia della Roma bene, borghese, una Micol Finzi-contini — una che guida il gioco, sfugge, tiene sulla corda con apparente noncuranza — che, diversamen­te dalla creatura di Bassani, avrà il tempo di crescere, invecchiar­e, farsi rincorrere invano da splendida quarantenn­e prima, poi anche più in là, ultracinqu­antenne.

Dietro e insieme alle storie di

Livia e Matteo, c’è tantissima Roma. Una Roma struggente, appassiona­ta, carica, a volte anche nemica ma più spesso amante. Soffocante in estate, battuta da temporali imprevisti, incatenata alla vicina campagna, al mare, al Tevere. Prati, l’aventino, ancora di più i Parioli — la casa dei genitori di Livia in viale Bruno Buozzi, gli oleandri, il campetto dietro la chiesa di Sant’eugenio, poi i Parioli «alti» di via Salvini, via di Villa Emiliani, i due bar, la ghiaia e le panchine di piazzale delle Muse, con le mamme con le carrozzine e il panorama che si allarga sul fiume e sui monti del Lazio. Luoghi e strade che Montefosch­i e i suoi lettori percorrono con confidenza e familiarit­à assolute. La mappa delle vie guida anche i passi di Matteo e Livia in un lungo andirivien­i per la città, con dei punti fermi segnati dal destino: la casa paterna in via Brofferio, l’antiquario in via del Babuino, l’appartamen­to di Livia sul lungotever­e della Farnesina, parco dei Daini e la fontana dei Cavalli marini a Villa Borghese.

La precisione dei luoghi e quella cronologic­a. Lo scorrere del tempo è dato dagli anni e le vite che passano. Un lento avvicendar­si di stagioni. Da piccoli dettagli sparsi nei dialoghi possiamo orientarci con esattezza nella geografia del tempo: il 1962 («“Che stai leggendo?” Spiò le pagine del libro abbassato sui ginocchi. “Ferito a morte di Raffaele La Capria. Il premio Strega dell’anno scorso”), il 1986 di Chernobyl («“Però è divertente, quel mercato. Urlano a squarciago­la. Una grassona gridava: Venite! Che qua — cercò di imitare il romanesco — è tutta robba sana, genuina, che da noi la nuvola nun c’ariva…”. “Che nuvola?”. “Come che nuvola? Quella di Chernobyl”»), la guerra in Iraq.

Nomi di bar, marche di alcolici, titoli di film puntellano la narrazione. Poi, quello che emerge con forza ben oltre i dettagli è la passione: la forza centripeta che spinge Matteo verso Livia e quella opposta che allontana lei, insofferen­te ai vincoli, ostile al donarsi del tutto eppure incapace di resistere a quella stessa identica passione. La gelosia, questa sì patrimonio esclusivo di Matteo che vede fantasmi e minacce in ogni amicizia maschile di Livia. La sete che governa entrambi, spingendol­i l’uno nelle braccia dell’altra.

La stessa forza inarrestab­ile che spinge la narrazione (e la lettura) verso il suo finale — con Matteo ormai in pensione dal giornale e nonno, Livia sparita chissà dove — trascinand­osi dietro ogni cosa come la pioggia sul lungotever­e: matrimoni, stagioni, esami all’università, concerti, riunioni di redazione, tradimenti, vacanze ad Anzio o a San Candido, pranzi di Natale, passeggiat­e primaveril­i in centro, colazioni al Cigno e all’hungaria, genitori che invecchian­o e ci lasciano soli, nudi di donna che vorresti avere e ti sfuggono sempre. Dolori, amori.

Come le stagioni nella città, una forza trascina la narrazione

 ??  ?? Cesare Tacchi (1940-2014),
Quadro per una coppia felice (1966, tecnica mista, particolar­e). Tacchi è stato uno dei principali esponenti della pop art a Roma
Cesare Tacchi (1940-2014), Quadro per una coppia felice (1966, tecnica mista, particolar­e). Tacchi è stato uno dei principali esponenti della pop art a Roma

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